MANTOVA Fiducia, flessibilità e disponibilità. Sono le tre parole chiave che potrebbero determinare una più rapida ripresa del settore alberghiero in un momento particolarmente delicato, nel quale fare previsioni diventa un vero e proprio esercizio di intuizione, dipendendo da innumerevoli fattori esterni. Il duro colpo subito dalle strutture ricettive dagli effetti della pandemia non ha bisogno di spiegazioni. Ne parliamo con Gianluca Bianchi, presidente di Federalberghi-Confcommercio Mantova.
Qual è la situazione alla vigilia del Festival della letteratura?
«C’è una buona occupazione delle strutture alberghiere, soprattutto quelle ubicate nel centro storico, meno per quelle dislocate in periferia. Nel fine settimana si sta concentrando il maggior numero di prenotazioni che, in alcuni casi, potrebbero portare a un’ottima occupazione. Da sottolineare che alcune strutture hanno ridotto le tariffe anche del 30%».
Da dove vengono i turisti che stanno arrivando a Mantova?
«Sono per lo più italiani provenienti, come da tradizione per il Festival, dalle regioni del centro-nord Italia. Ancora troppo pochi gli stranieri e solo dai paesi dell’Europa occidentale. Lo scorso anno, un mese prima dell’inizio della manifestazione avevamo già il tutto esaurito, oggi ci sono ancora disponibilità».
Gli utenti sono cambiati?
«Sì. Spendono meno, un po’ per la minore liquidità a disposizione, un po’ perché spaventati dal continuo martellamento nel numero dei contagi. Quella che arriva in albergo è una clientela più difficile da affrontare. Si è alzato il livello delle richieste in termini di sicurezza e le persone sono meno pazienti e più polemiche».
Chi sono stati i grandi assenti del turismo mantovano?
«Oltre agli stranieri, i gruppi. Alcuni sarebbero anche voluti venire ma questa continua situazione di incertezza, a cominciare dalle quarantene, ha dissuaso i più. È venuto a mancare completamente il settore business con le aziende che mandavano a lavorare i dipendenti in trasferta, oltre a tutto il comparto di convegni e fiere. Lo smart working, infine, ha pesantemente danneggiato bar e ristoranti, meno da noi, più nelle grandi città».
C’era quindi bisogno del Festival della Letteratura?
«Assolutamente sì, anche se sarà un’edizione ridotta. La rassegna farà bene a Mantova e darà continuità, in termini di visibilità, alla città. Mai come in questo momento dobbiamo essere positivi. D’altronde, come non esserlo: noi albergatori vendiamo emozioni. Il settore è in lenta ma graduale ripresa. Adesso il momento è propizio per le città d’arte come lo è stato a luglio e agosto per le località di mare e montagna. A Mantova, in particolare, ora c’è meno congestione e la gente viene ancora più volentieri».
È possibile fare una previsione per il futuro a breve termine?
«Mai come quest’anno è azzardato fare previsioni. Dopo il Festival ci aspettiamo di lavorare almeno fino alla prima metà di ottobre. Poi ci attendiamo una ripresa per il ponte del 1° novembre. Guardando più avanti, tradizionalmente in città va meglio il Capodanno del Natale ma tutto dipenderà dall’andamento dei contagi, dallo sviluppo del vaccino, dalla congiuntura economica, dalla possibilità di portare in piazza il concerto di fine anno e altri appuntamenti collaterali. Come categoria, dovremo essere bravi a essere flessibili e a modificare le nostre strategie, variare le procedure in base a quello che accadrà. Non è sempre facile però sarà la chiave di volta per una ripresa più veloce».