MANTOVA – Si è concluso lo studio sulla mortalità nelle Rsa durante la prima ondata dell’epidemia da Covid-19, i cui primi risultati parziali erano stati pubblicati sulla rivista scientifica Epidemiologia & Prevenzione a dicembre 2020. Il report, redatto dall’Osservatorio Epidemiologico di ATS Val Padana (primo autore Paola Ballotari). L’indagine è stata completata con ulteriori analisi relative sia alle stime di mortalità – integrazione del numero di decessi registrati e cause di morte – che al ruolo predittivo delle caratteristiche individuali e di quelle delle Rsa. Per poter quantificare l’impatto del Covid 19 su questo gruppo di popolazione, si è proceduto al confronto della mortalità nel primo quadrimestre 2020 rispetto a quella sperimentata nello stesso periodo nel 2019 e nel 2018 (utilizzato come anno di riferimento), tra gli ospiti delle Rsa e tra i soggetti non istituzionalizzati con un’età di 75 anni o più. In ciascuno degli anni considerati, i soggetti in Rsa sono stati circa 7.000 (età media 88 anni) e quelli non in Rsa 90.000 (età media 82 anni). Nel primo quadrimestre del 2020, il numero di morti è stato pari a 2.070 nelle Rsa e 2.716 tra gli ultrasettantacinquenni non istituzionalizzati (un totale di 4.786, rispetto ai 4.343 analizzati per la pubblicazione su E&P). La differenza deriva dal fatto che per la stesura finale del report ci si è avvalsi esclusivamente dei dati di mortalità del Registro Mortalità, la fonte considerata come gold standard per analisi di questo tipo, mentre nell’articolo i decessi più recenti sono stati stimati utilizzando l’Anagrafe Assistiti. Nello stesso periodo del 2018, i decessi erano stati rispettivamente 893 e 1.675. L’utilizzo di appropriate tecniche statistiche che hanno permesso il confronto del rischio di morte tra il 2020 e il 2018 a parità di condizioni di salute, sesso ed età, ha evidenziato un rischio più che doppio nelle Rsa in tutta l’ATS Val Padana (RR = 2,35), con una differenza tra le due province di Mantova e Cremona a sfavore di quest’ultima, dove l’epidemia si è diffusa prima e verosimilmente circolava dall’inizio di febbraio. La stessa tipologia di analisi riferita agli ultrasettantacinquenni non istituzionalizzati ha stimato per l’ATS un incremento della mortalità del 78% nel 2020 rispetto al 2018 (RR = 1,78); anche in questo caso, in analogia con quanto accaduto nelle Rsa, l’incremento è stato maggiore nella provincia di Cremona rispetto a Mantova. Il confronto tra territorio e Rsa in ciascun anno ha mostrato come già prima della pandemia esistesse un gradiente importante in termini di mortalità a sfavore degli ospiti delle Rsa; del resto, questi sono notoriamente soggetti più fragili, con più comorbidità e disabilità motorie e cognitive. Tale confronto, tuttavia, è in parte distorto (e può dare adito ad interpretazioni fuorvianti) in quanto non esiste uno strumento univoco in grado di misurare adeguatamente ed allo stesso modo la fragilità dentro e fuori le strutture; in particolare, gli indicatori di patologia costruiti sulla base dei flussi amministrativi sottostimano la fragilita` degli ospiti delle Rsa rispetto ai soggetti presenti sul territorio. Anche in considerazione di questi aspetti metodologici, è stata condotta un’analisi specifica che, mettendo a confronto l’incremento di mortalità tra il 2018 ed il 2020 stimato separatamente nelle Rsa e nel territorio, ha consentito di rilevare un incremento di mortalita` nelle Rsa del 67% piu` elevato rispetto a quello registrato sul territorio (RR = 1,67).
Per quanto riguarda l’analisi delle cause di morte, dei 2.070 decessi registrati tra gli ospiti delle Rsa nel 2020, 315 (15%) hanno come causa principale di morte il Covid-19 e 349 (17%) cause respiratorie; sono comunque aumentate in generale tutte le cause e in particolare quelle infettive, del sistema nervoso, le cause psichiche e quelle classificate come “maldefinite”. Bisognerà attendere i dati relativi al resto dell’anno 2020 per capire se la diffusione a pioggia dell’eccesso di mortalità sulle differenti cause di morte sia figlia del periodo temporale considerato – quando ancora la patologia era misconosciuta e le regole di imputazione delle cause di morte non ancora sedimentate – o se gli effetti indiretti del Covid-19 manterranno una posizione di rilievo anche nei mesi successivi.
Infine, la parte dello studio finalizzata all’identificazione dei determinanti della mortalità ha mostrato che la quota più rilevante delle differenze di mortalità è spiegata dalle caratteristiche individuali degli ospiti (fragilità, età e sesso) e solo per il 7% dall’appartenenza alle singole strutture; al riguardo, è stato evidenziato un eccesso di rischio associato con la presenza di operatori positivi e con il trasferimento di pazienti dagli ospedali.
I risultati di questa ricerca sono in linea con quanto riscontrato dall’ATS Città Metropolitana di Milano sul proprio territorio e dall’ARS Toscana sull’intera regione. Quest’ultima ha anche descritto un picco di mortalità addirittura maggiore nei mesi di ottobre e novembre che, almeno dall’analisi dei dati preliminari, sul nostro territorio non si è realizzata.
In tal senso, è già prevista l’estensione dello studio a tutto il 2020, per valutare l’andamento della mortalità nelle Rsa dell’ATS della Val Padana nell’arco dell’intero anno.