MANTOVA Una tegola, anzi, un macigno è gravato su molti cittadini nell’apprendere della scomparsa a soli 51 anni di Gaia Sabina Tosoni, titolare della nota gioielleria di via Roma (sino a pochi anni fa via Oberdan), che proprio da poco aveva festeggiato il secolo di attività. Un’attività che Gaia portava avanti come una missione ricevuta dal padre Luciano, e che conduceva assieme alla madre Laura con uno spirito che andava ben oltre quello conferibile a un esercizio commerciale.
Il suo impegno dentro e fuori dal negozio era investito anche sulla sua città e su quel patrimonio di cultura e bellezza di cui in più circostanze si era fatta madrina e mecenate. Grazie a lei e alla sua presenza nel Fai, negli Amici di Palazzo Te e dei musei mantovani, nell’associazione MeglioMantova (di cui è stata presidente) molti sono gli interventi di restauro e di indagine che hanno trovato piena realizzazione. Troppi, per ricordarli tutti. Basti ricordar le conferenze da lei organizzate su Fabergé nella rievocazione della gioielleria dei Romanov, o il restauro del prezioso reliquiario del Museo di Palazzo d’Arco, o il suo diretto coinvolgimento nel restauro delle Pescherie di Giulio Romano.
«Il mio è il ricordo di una persona di infinita dolcezza e di una straordinaria forza d’animo – commenta commosso Italo Scaietta, conservatore del museo D’Arco –. Sono aspetti, questi, discordanti, che pure lei faceva convivere, da persona speciale qual era».
Un male incurabile ha posto prematuramente fine a quella sua missione, lasciando nel dolore, oltre alla madre e al fratello Sebastiano, il marito Alessandro Buratto, i figli Riccardo e Vittorio, e una lunghissima famiglia di amici per i quali spese affetto e gentilezza.