MANTOVA Lunedì 2 dicembre si farà memoria di S. Longino, martirizzato secondo la leggenda nei pressi del Gradaro.
Al soldato romano che – come recita l’iscrizione sulla tomba in S. Andrea – “percosse con la
lancia il costato di Cristo” e portò a Mantova grumi di terra insanguinata del Golgota, la
Compagnia del Preziosissimo Sangue dedica una lanterna collocata in cripta, sulll’altarecassaforte
che custodisce i Sacri Vasi. Alle ore 10 la benedizione della lanterna e la messa per i
fedeli, concelebrata dall’assistente ecclesiastico della Compagnia, don Renato Zenezini, e dal rettore della Basilica, don Renato Pavesi. Si ripristina una tradizione che risale ai tempi di Matilde di Canossa, quando la Compagnia teneva accese “presso che cento lampade con una grandissima quantità di cera, che all’altare del suddetto Sangue si consuma”. L’idea è nata in condivisione tra il priore Giorgio Saggiani, prossimo a concludere con un gesto
significativo il suo terzo mandato, e don Renato Pavesi. La lucerna – una terracotta commissionata allo scultore Andrea Iori – reca l’immagine del Cristo, Sant’Andrea, San Longino e i Sacri Vasi. All’interno saranno collocate reliquie provenienti dal tesoro della concattedrale: tra queste, anche una attribuita proprio al martire originario della Cappadocia, regione dell’Anatolia centrale cui è significativamente
dedicata una via del quartiere di Fiera Catena. Si consolidano dunque i vincoli tra la concattedrale di Mantova e la Compagnia del Preziosissimo Sangue, ricostituita nel 2010 come associazione laicale della diocesi su decreto del vescovo Busti. In occasione del
decennale del 2020 la confraternita (che già la scorsa estate ha sottoscritto una donazione di 30 sedie per i fedeli della basilica) si impegnerà per il restauro del prezioso armadio seicentesco con l’effigie dei Sacri Vasi, già appartenente alla Compagnia, collocato nella sagrestia retrostante la Cappella dell’Immacolata. Adornata dalla bellissima ancòna del Viani, la sagrestia fu a lungo sede della Compagnia, della quale già si hanno notizie ai tempi di Bonifacio di Canossa, padre della Grancontessa Matilde.