MANTOVA Assoluzione in capo a tutti gli imputati perché il fatto non sussiste. Questo quanto deciso ieri dal collegio dei giudici presieduto da Giacomo Forte, nei confronti dei cinque giovani mantovani finiti a processo per l’ipotesi di violenza sessuale di gruppo, stando agli inquirenti perpetrata poco più di tre anni fa ai danni di una ragazza all’epoca ancora minorenne. Un verdetto che ha quindi di fatto ribaltato in toto la richiesta di condanna avanzata in requisitoria dal pubblico ministero Elisabetta Favaretti e pari a 46 anni complessivi di reclusione, nello specifico a 9 anni ciascuno per quattro e a 10 per l’ultima posizione. Nel dettaglio la vicenda a loro ascritta risaliva alla notte tra il 18 e il 19 maggio 2021 quando, secondo la ricostruzione della procura, una 17enne cremonese allontanatasi spontaneamente da casa, dopo aver trascorso buona parte della giornata in compagnia di un conoscente (risultato estraneo ai fatti) sarebbe stata invitata a partecipare a una festa privata organizzata nell’abitazione di uno degli accusati a Suzzara dove poi, una volta fatta ubriacare, sarebbe stata stuprata.
L’indagine, era quindi partita un paio di settimane dopo, quando al pronto soccorso pediatrico dell’ospedale di Cremona, si era presentata, accompagnata dalla madre (costituitasi parte civile assieme alla figlia con gli avvocati del Foro di Piacenza Stefano Lavelli e Valentina Marchettini) la stessa presunta vittima lamentando in tale fattispecie forti dolori al ventre. Confidatasi, la minore avrebbe così raccontato di essere stata violentata una quindicina di giorni prima, durante un party in provincia di Mantova. A quel punto, tramite mirate perlustrazioni e intercettazioni, le squadre Mobili di Cremona e Mantova avevano chiuso il cerchio dell’inchiesta culminata con le perquisizioni domiciliari nelle abitazioni dei cinque, in quel periodo tutti poco più che maggiorenni.
Di contro, poggiava invece fin da subito in primis sul consenso dell’allora minorenne al rapporto sessuale con tre del gruppo, così come altresì dichiarato in fase dibattimentale dagli stessi, oltre a una «spiccata difficoltà della stessa a ricordare con certezza circostanze e luoghi, alla luce di quanto evintosi in sede incidente probatorio, nonché sulla scorta di un suo appurato disturbo della personalità», la linea difensiva improntata dal collegio difensivo degli imputati, gli avvocati Pasqualino Miraglia del Foro di Modena, Stefania Magnani e Alessia Soldani, entrambe del Foro di Mantova, che per i propri assistiti avevano quindi chiesto in via principale assoluzione piena perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o in via subordinata, come poi effettivamente statuito, per mancata sussistenza della prova certa.
Alla luce di quanto stabilito alla lettura del dispositivo già annunciato il ricorso in appello da parte del pubblico ministero, così come pure dai legali di parte civile che per le due persone offese avevano proposto risarcimento del danno quantificato preventivamente in 200mila e 100mila euro, oltre ad una provvisionale da 50mila euro. (loren)