E alla fine si scoprì giardiniere

MANTOVA Una vita a cercare di comprendere come definirsi, persino sui documenti per il passaporto, e poi l’illuminazione: «Io sono un giardiniere». Con classe e simpatia Clark Lawrence ha raccontato in un inglese impeccabile, intervallato da specifiche parole italiane, la genesi del volume che è anche un memoir dal titolo “Small Plots”. Si scopre per esempio come questa sorta di fuggitivo americano si consideri un immigrato piuttosto che un espatriato. L’appuntamento dentro tenda Sordello era intitolato “Not Lost, Just Wandering” (Non perso, solo vagando) e infatti senza filtri né inutili pudori, con un biglietto di sola andata Lawrence arriva in Italia trent’anni fa: il caso e le circostanze lo portano da Napoli attraverso Bologna fino a Palazzo Montefano una villa del diciassettesimo secolo dove vive, fa il giardiniere e ha fondato l’associazione “La macchina fissa”. «Non nuoto sempre. A volte semplicemente galleggio e vedo dove mi portano il vento e le onde. La pianificazione è comunque un po’ sopravvalutata», dichiara divertito tra le pagine. Ad arricchire il volume, che nella prima edizione era in italiano mentre ora è tradotto in inglese, le illustrazioni di David Hollington: i due hanno svelato il metodo utilizzato per realizzare l’elegante volume (al suo interno sono custoditi oggetti inaspettati come una moneta da 10 lire o il tassello di un puzzle) e di come da ogni singolo aneddoto scaturisse una determinata illustrazione. «Ma se l’aneddoto non dava vita a nessuna immagine – ha dichiarato Lawrence – veniva eliminato direttamente dalla lista!». «Ascoltavo Clark senza nemmeno guardalo – gli fa eco Hollington -. Mi facevo avvolgere dai suoi ricordi e nella mia mente venivano fuori particolari visivi che si incastonavano perfettamente nella storia. A volte erano legate al testo ma a volte no; per questo abbiamo fatto tanto editing. Una cosa è certa: ci siamo divertiti tantissimo».
Valentina Venturi