MANTOVA Maurizio de Giovanni, uno degli scrittori più noti e amati della narrativa italiana contemporanea, ha spesso dedicato le sue opere alla città di Napoli, una città che per lui è molto più di un semplice sfondo narrativo. Napoli, nelle sue storie, è un personaggio a tutti gli effetti, una realtà complessa, pulsante, fatta di contraddizioni, ma anche di una bellezza unica e di una vitalità che affascina e travolge. Al Festivaletteratura, de Giovanni ha introdotto la sua città partendo dal cibo. Il suo ultimo libro, “La Napoli delle Cucine”, è infatti un gustoso viaggio culturale di racconti e ricette, il quale ci porta nei mercati affollati, nelle case dove ancora si preparano piatti tramandati da generazioni, e nei ristoranti dove la tradizione si fonde con l’innovazione. L’autore, durante l’incontro, non ha però parlato in sé del libro, ma ha voluto ironizzare ed esaltare al tempo stesso alcune abitudini culinarie tipiche della sua città. Proseguendo il dialogo con la celebre giallista e antropologa Elisabetta Moro, lo scrittore ha poi definito Napoli “una città meravigliosa ma profondamente complessa.” Uno dei difetti più evidenti, per de Giovanni, è la difficoltà dei napoletani nel fare rete e lavorare collettivamente per migliorare la città. Sebbene Napoli sia nota per la sua solidarietà e per il senso di comunità che caratterizza i quartieri, spesso c’è una tendenza all’individualismo e alla mancanza di una visione comune. Questo ostacola il progresso e rende più difficile affrontare i problemi strutturali della città. Un altro punto dolente è la mancanza di opportunità per i giovani. Il capoluogo campano è una città che soffre di emigrazione di molti ragazzi di talento e con ambizioni. Questo impoverisce la comunità, privandola delle sue migliori risorse, e crea una sorta di “desertificazione” intellettuale e creativa. “Forse il più grande problema dei napoletani però è ‘l’attesa del miracolo’ – spiega de Giovanni – cioè l’aspettare la soluzione dei problemi senza fare niente per procurarsela.”