Stagioni con poche sicurezze. L’unica certezza è il caro-vita

Stagioni con poche sicurezze nazionali e internazionali, l’unica vera certezza è il caro-vita. “Una vita sempre più cara”, e non solo in termini strettamente economici, è una frase-considerazione che si sente sempre più spesso. Bollette, alimentari, trasporti, servizi, sanità, oh la salute forse non più bene pubblico? Una ricerca sulla vita dei nonni dice che ogni anno una nonna o un nonno deve mediamente pagarsi dal proprio portafogli direttamente 1150 euro di spese per la salute. Mica poco, soprattutto se calcoli il “mediamente”.

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Un giorno ti dicono che il barile di petrolio arriverà a 200 euro poi scopri che cala sotto i cento euro, ma tanto la benzina e il gasolio costano sempre uguale, quasi un’euro e mezzo al litro, se non di più e ti chiedi se benzina o gasolio li fanno col petrolio con che altro. Un giorno ti dicono che l’abolizione della tassa sulla prima casa è una cosa irreversibile, non si torna indietro, poi scopri che studiano altre tasse sui servizi alla casa, entra dalla finestra quello che era uscito dalla porta.

Un giorno ti dicono che per il futuro della Nuova Alitalia è tutto a posto e scopri dopo due ore che è invece tutto per aria. Un giorno ti dicono che ci sarà il pane a prezzo sociale un chilo e un euro e poi due giorni dopo si dimenticano e tornano i prezzi da stangata d’autunno. Quello che sembra invece sicuro è che Napoli è più pulita, finalmente scomparse le immagini di sacchi e cassonetti dell’immondizia, e che nessuno celebra successi del turismo perché successo non è stato.

E’ bello vivere con tutte queste certezze. Sembra stare nel film di X files -che diciamolo non è un gran ché- sotto titolo “voglio crederci”. L’importante è l’incertezza. Dateci oggi la nostra incertezza quotidiana. Grembiulino sì o grembiulino no nelle scuole del nostro Paese? Bel problema. E poi maestro unico o tre maestri secondo le specialità? E questo federalismo così tanto inneggiato sarà un federalismo del nord , del sud o del centro? Vedete che le certezze del momento sono proprio numerose e fondamentali. In tutto questo cielo coperto di certezze assolute spicca la certezza della vita sempre più cara. E’ passata l’estate e la pasta costa sempre come a giugno, la carne quasi oro, vendono filetti a 30 euro al piatto, la pizza rossa con un po’ di frutti di mare, sempre otto euro quando non nove. Piazza, birra, e coperto (tra i 15 e 17 euro) come un pasto completo di qualche anno fa. Bene. Belle certezze.

Come diceva la Regina nell’Importanza di chiamarsi Ernst dopo essersi accertata della propensione al fumo del giovane nobile, è bene che i giovani d’oggi di Londra abbiamo una occupazione. Nel senso che ci balocchiamo in discussioni da salotto piuttosto amenamente ma i grandi fondamentali problemi della società sono sempre lì. Tre esempi: il lavoro e la tassazione del lavoro, la formazione e la scuola barra università (basta stare una settimana a Stoccolma o a Londra e scopri che cosa vuol dire facoltà), la coesione e l’inclusione sociale. Se comincia ad affrontare questi fondamentali poi dopo puoi anche baloccarti sul sette in condotta, sul grembiulino in aula idea che fu della Gelmini e sul federalismo alla tirolese. Difficile dare letteratura tedesca se non hai fatto tedesco. L’analisi più lucide sulle priorità l’ho sentita quella volta da Massimo D’Alema ad una Festa dell’Unità di Bologna, non solo sui concetti, tipo bisogna studiare la storia prima di dare giudizi, bisogna risolvere il problema della classi deboli prima di pensare a federalismi ecc, ma anche dai passaggi caratteristici del suo interloquire, tipo “diciamo”: “Sembra perlomeno stravagante, diciamo…Immaginate un po’, diciamo…” Ecco, credo avesse in quel momento ragione D’Alema: ”Sembra tutto quanto meno stravagante. Diciamo”.

Ah, credo sia il caso di precisare -arrivati a questo punto- che a parte le prime frasi introduttive, tutti le altre riflessioni sono state scritte già nel 2008. Drammaticamente insuperate: unico indizio quel riferimento ad X-Files, telefilm in voga nel primo decennio del secolo.  Papale, papale.

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Della serie, come non cambiano i tempi! E non cambiano i motivi di fondo per visitare Mantova. Allora, è accaduto – come ampiamente illustrato con dovizia di commentari la scorsa settimana – che stando a Palazzo Te uno senta tante cose. Tra le altre i commenti preventivi alla visita sulla mostra di Picasso, i pareri sul tempo che cambia, i pensieri lusinghieri sul giardino del Te e l’elenco delle tappe messe in cantiere da un gruppo di giovani turisti veneti. Almeno così sembravano dall’accento e da alcune inequivocabili desinenze aperte. “Allora -principia il più loquace del quattro- io direi di mettere in fila dove dobbiamo andare e poi scegliamo, dunque beh la Camera degli Sposi, il Cortile della Corte (leggeva un libretto, ndr), e poi dunque vediamo il monumento a Virgilio e poi il Museo di Nuvolari. Ah beh poi no scusate c’è la basilica di Sant’Andrea”, sottolineando il nome. E aggiunge sospirando come a sottolineare l’urgenza e l’importanza: “Alberti, Fancelli, Juvarra”, con un numero di erre superiore alla quantità prevista.

E la signorina del gruppo interviene per ricordare che accanto alla curiosità culturale c’è anche la curiosità alimentare. “Ah giusto, dobbiamo assaggiare i tortelli di zucca, che qui dicono che sono buonissimi”. La tappa tortelli conquista l’intero mini-gruppo veneto che dando un estremo saluto alla facciata del Palazzo si orienta verso la porta delle aquile per raggiungere il centro città. Ci sta. E in sottofondo il cronista sente l’estrema domanda, quasi sussurrata: “Ma la Camera degli Sposi era perché era degli sposi?” La voce diventa fievole, il volume del suono si abbassa, un refolo di vento porta via la domanda inaspettata.