MANTOVA “La sensazione è che si sia persa la bussola e che le decisioni del Governo vengano prese dieci minuti prima dello scoccare della mezzanotte, senza alcuna ponderatezza”. E’ il commento laconico e amaro del Presidente di Confcommercio Mantova Ercole Montanari sul nuovo Dpcm “Natale”.
Rispetto ad un’aspettativa avanzata dal mondo dell’economia e dalla cittadinanza di regole chiare e certe, è stata partorita invece una misura di difficile comprensione che getta nel caos tutti, imprenditori, famiglie, cittadini, l’intero Paese: siamo in lockdown sì o no? Perché se lo siamo il Governo prenda la responsabilità politica di questa scelta e la porti fino in fondo, prevedendo parallelamente alle chiusure ristori congrui per le aziende. Basta con questi lockdown mascherati che hanno solo il risultato di fare confusione”.
“Andiamo incontro a restrizioni a singhiozzo e a macchia di leopardo – con strette ulteriori nei giorni collimanti con le festività più importanti – che pongono problemi di natura personale e affettiva, sociale, economica – aggiunge il direttore Nicola Dal Dosso – Con il divieto di spostamento da un Comune all’altro per Natale, Santo Stefano e Capodanno si impedisce il naturale ricongiungimento di migliaia nuclei familiari separati da confini improvvisamente tornati in auge. Le attività economiche si devono poi incastrare, a mo’ di tetris, tra mille disposizioni diversi, con alcuni casi davvero assurdi.
Pensiamo ai negozi che si trovano all’interno dei centri commerciali, che dovranno rimanere chiusi nei weekend, per un totale di 18 giorni su 34, in un periodo che storicamente produce il 20% del loro fatturato. Ancora, pubblici esercizi aperti ma solo a pranzo e per alcuni giorni solo per utenti del proprio comune. Per il mondo della ristorazione si prevede una perdita dell’80% degli incassi rispetto allo stesso periodo del 2019.
E non passi come una generosa concessione la possibilità data alle attività commerciali di poter chiudere alle 21, perché con la liberalizzazione degli orari ciò è già possibile: piuttosto quante imprese si potranno permettere questa flessibilità, sostenendone i costi aggiuntivi, in primis quelli del personale? Perché le aziende sono motori oggi impallati che per girare hanno bisogno di carburante”.