Fece un furto in parrocchia: ladro assolto grazie al diritto canonico

MANTOVA In coppia con un amico, quest’ultimo giudicato in separata sede, si era reso responsabile di un raid predatorio perpetrato ai danni della parrocchia di Cerese. Sul banco degli imputati, per l’ipotesi di furto aggravato in concorso un 40enne residente in città. I fatti a lui ascritti risalivano nello specifico alla primavera di tre anni fa quando, assieme a un pregiudicato di stanza al campo di via Guerra, si era introdotto nottetempo nel cortile parrocchiale; dopo una fugace ricognizione i due avevano quindi messo gli occhi su un box adibito a ricovero attrezzi da cui, se ne erano usciti, con un tosaerba. Caricato il bottino sull’auto sulla quale erano giunti, un’Au d i A4 con vistosi e non proprio anonimi cerchioni in lega, i malviventi si erano così dileguati. Ma ad incastrarli, una volta scoperto l’ammanco, era stato proprio quel particolare decisamente eccentrico relativo alla loro vettura ripreso dalle telecamere di zona. A seguito di denuncia erano scattate le ricerche conclusesi a stretto giro con l’individuazione del veicolo, risultato intestato all’imputato. Ma a salvare quest’ultimo in sede processuale, a fronte di una richiesta di condanna a otto mesi di reclusione e 300 euro di multa invocata dal pubblico ministero, un dettaglio non certo di poco conto afferente la querela di parte. A denunciare il fatto alle forze dell’ordine era stato infatti il vice parroco e non, come statuito dal codice di diritto canonico invocato altresì in arringa dal difensore dell’uomo – l’avvocato Davide Pini – dal parroco in qualità di legale rappresentante della parrocchia, unico titolato a sporgere denuncia. Motivo per cui, nei suoi confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere per difetto dell’azione penale.