MANTOVA – Stando alla ricostruzione degli inquirenti il modus operandi era molto semplice: prima appiccavano il fuoco a beni aziendali e quindi si presentavano dagli stessi imprenditori danneggiati offrendo loro protezione a pagamento. In cambio però questi non dovevano rivolgersi alle forze dell’ordine. A porre fine a questa lunga serie di episodi estorsivi era stata quindi una delle vittime che aveva denunciato il ricatto subito ai carabinieri della Compagnia di Peschiera del Garda, facendo così aprire l’indagine culminata poi lo scorso maggio con gli arresti di tre persone, mentre una quarta invece era stata solo indagata. Ad orchestrare il piano criminale, sempre secondo l’accusa, due pregiudicati di origine calabrese residenti nel Veronese: Vincenzo Gioioso, 73 anni, sottoposto agli arresti domiciliari nella sua casa di San Pietro in Cariano e il nipote, Massimo Gioioso, 47 anni, recluso nella casa circondariale di Montorio. Per entrambi si è ora aperto il processo con rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Verona, Livia Magri. Nei loro confronti il pubblico ministero Stefano Aresu ha chiesto condanne rispettivamente a cinque anni e cinque anni e due mesi di reclusione. Presente alla seduta anche Andrea Talillo, 52 anni, accusato di tentata estorsione per aver telefonato alle vittime, chiedendo con minacce di pagare i soldi ai due Gioioso. Per lui, il difensore ha chiesto il patteggiamento a due anni e dieci mesi sul quale, però, il gup si è riservato di decidere il prossimo 27 aprile così come anche per gli altri imputati. Ancora da definire invece la posizione del quarto soggetto coinvolto, il mantovano Stefano Mutti, 49 anni, accusato in concorso con Massimo Gioioso di aver danneggiato l’autocarro di proprietà di un altro imprenditore della zona, mediante incendio dello stesso, quale vendetta del calabrese in relazione ad un lavoro da quest’ultimo eseguito e non interamente retribuito. L’indagine dei militari dell’Arma era scattata nel novembre del 2019 quando una delle presunte vittime, esasperata dalle pressanti richieste di denaro dei suoi estorsori, aveva denunciato l’incendio di un proprio mezzo aziendale a Valeggio sul Mincio. Rivelando così di aver versato 20mila euro, al proprio ex dipendente Massimo Gioioso. Zio e nipote, oltre a garantirgli protezione, gli chiedono anche di mediare con un suo cognato proprietario di un camping a Lazise al quale i Gioioso avevano bruciato nel frattempo una casa mobile.