Nessuna crudeltà nell’allevamento chiuso: fagiani dissequestrati

MANTOVA – Non c’è stata crudeltà, né sadismo da parte del titolare di un allevamento di fagiani del Mantovano finito indagato per maltramenti di animali, per aver applicato un copri-becco a spillo perforante la membrana nasale a circa 6.300 esemplari. Tale scelta, anche se “non sempre del tutto adeguata sotto il profilo zootecnico ed etologico”, è stata invece dettata dalla necessità di trovare la “soluzione più idonea ad evitare lesioni e malattie agli avicoli della propria azienda”. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Mantova che accogliendo la richiesta dei legali dell’allevatore, avvocati Antonio Bana e Sara Tarantini, ha disposto il dissequestro dei capannoni e voliere con circa 12 mila uccelli e 3 mila pulcini. Una struttura alla quale, lo scorso 11 luglio, su disposizione del gip, sono stati messi i sigilli in seguito a una indagine della Procura di Mantova nella quale, inoltre, è stato contestato che, soprattutto i pulcini, sarebbero stati allevati in locali non idonei. Il collegio nel dissequestrare l’azienda ha rilevato che da parte del proprietario non è stato commesso alcun maltrattamento: non ha “agito per un motivo abietto, sadico o per mera volontà di sopraffazione” , applicando il copribecco a spillo perforante, per altro ritenuto dai consulenti di parte, un docente del dipartimento dei veterinaria dell’Università degli studi di Milano e il veterinario aziendale “il male minore, poiché sicuramente procura meno danni” di quello a clip. Invece l’allevatore ha agito per necessità poiché “può dirsi certo”, e i tecnici del settore concordano, è fondamentale “applicare ai fagiani detenuti in allevamento i copri-becco”, di qualunque tipo, per evitare “i fenomeni della pica, della plumofagia” con gli uccelli che si beccano tra di loro strappandosi penne e piume, e del “cannibalismo”. Inoltre, è credibile il consulente di parte laddove “contesta che la perforazione della membrana nasale provochi ‘certamente’ dolore agli animali”. Tant’è che “non risultano elementi tali da fare ipotizzare la sussistenza del requisito di gravi e insopportabili patimenti”. Infine non sono stati ritenuti sussistenti nemmeno gli indizi in merito a una presunta “restrizione” dei fagiani “in spazi insufficienti” e privi di vegetazione.