Reato estinto con un risarcimento, respinta la richiesta di “condono” delle ladre seriali

MANTOVA  Avevano messo a segno un furto da 3mila euro ai danni del punto vendita Tigotà di San Giorgio Bigarello. Ma la fuga delle tre ladre, tutte di nazionalità rumena e di stanza a Monza, era durata giusto il tempo da parte della Polizia di mettersi sulle loro tracce. Intercettata infatti l’auto, condotta da un complice, a pochi chilometri di distanza dal luogo del raid per i quattro a bordo, di età compresa tra i 22 e 32 anni, erano quindi scattate le manette ai polsi mentre il bottino, composto da detersivi, profumi e altri prodotti per la casa oltre ad altro maltolto provento di precedenti colpi, era stato restituito. A carico del gruppetto, con innumerevoli precedenti di polizia alle spalle, era stato così disposto in sede di convalida dell’arresto la misura del divieto di dimora nel mantovano in attesa del relativo processo a loro istruito. Giudizio a cui però hanno cercato di sottrarsi ieri due dei quattro imputati, non dandosi alla macchia ma bensì avvalendosi del disposto dell’articolo 162 ter del codice penale in tema di estinzione del reato tramite ricorso alle cosiddette condotte riparatorie. In sostanza secondo quanto disciplinato da tale fattispecie giuridica «nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti, quando l’imputato ha riparato interamente, entro l’apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato». Tornando così al caso di specie la proposta riparatoria degli accusati constava segnatamente in 688 euro, denaro offerto alla parte lesa tramite vaglia postale a fronte però – secondo quanto rilevato dal giudice Stefano Ponti – di un valore complessivo della merce asportata e in seguito riconsegnata dalla banda ma non spontaneamente, di molto superiore a tale cifra e dunque non ritenuta né congrua né proporzionata, tenuto conto altresì dei pregiudizi derivanti dalla condotta predatoria da loro perpetrata in termini sia di danni (morali e patrimoniali) che di allarme sociale. Inoltre, stante l’appurata commissione in quegli stessi giorni di altri identici episodi criminosi – tra cui uno a Modena e uno a Lonato del Garda – è apparso evidente come, seppur non prevista espressamente una clausola di non abitualità a delinquere analoga a quella della particolare tenuità del fatto (articolo 131 bis codice penale), questo non può essere interpretato quale strumento per lucrare l’impunità. Strumento legislativo a conti fatti da loro già largamente utilizzato a fronte di decine e decine di denunce collezionate e nessuna condanna penale. Motivi che hanno quindi indotto il magistrato a rigettate tale istanza difensiva.