“NOI CHE SIAMO NATI A MOGLIA”: UN SUCCESSO IL TOCCANTE ROMANZO AMARCORD DI FRANCO BARBI

MOGLIA Non è il primo libro scritto su Moglia e la sua gente, e non sarà l’ultimo, ma quello di Franco Barbi è sicuramente uno di quelli in cui emerge un cuore particolare, un affetto profondo e un legame a una terra non solo geografica, ma che fa parte di un retaggio umano più intimo. “Noi che siamo nati a Moglia”, questo il titolo del romanzo a racconti di Barbi, prende il lettore per mano e lo porta in una metaforica stanza di diapositive in bianco e nero, lontane eppure nitidissime, con Barbi che apre il cassetto dei ricordi verso sé stesso e, di fatto, verso la propria gente. Qualunque mogliese, grande o in procinto di diventarlo, può ritrovare in questo libro qualcosa o qualcuno che lo leghi irrimediabilmente al proprio paese: dai nomi dei quartieri, passando per il Maestro Azzoni o Madame Zucchi, senza dimenticare il cinema Alice, le battute di pesca negli argini, le partite infinite sul campino del prete, le prime figurine Panini e il dualismo calcistico che, se fuori paese era tra Mazzola e Rivera, a Moglia era bonariamente tra Tazio Roversi e Mario Giubertoni, ad oggi i più importanti calciatori partiti dal paese della Bassa. Un “Amarcord” felliniano che riporta a una Moglia, e forse anche a un’Italia, che non c’è più, fatta di valori genuini nei quali, nonostante tutto, ci si riesce a riconoscere ancora oggi. «Nel corso della mia adolescenza mi proponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse quegli anni e quelle persone che mi venivano incontro. Forse non l’ho mai fatto perché le cose da raccontare erano troppe e altre si aggiungevano di continuo. Col tempo la memoria si allenta, i ricordi si affievoliscono e le pagine da scrivere diminuiscono. Mi sono accorto che il lessico di questo romanzo è spesso imperfetto; ma, certamente, la narrazione è autentica» commenta Barbi. Particolarmente toccante la lettera del papà di Franco, Enzo, scritta alla madre durante la sua partenza per la Campagna di Russia e che chiude il romanzo; in fondo, un libro sulla storia dei mogliesi non poteva prescindere da chi, la Storia, l’ha scritta in prima persona. Federico Bonati