MANTOVA «Fa bene il sindaco Mattia Palazzi a interessarsi del futuro di Mps, banca “matrigna” della rimpianta Banca Agricola Mantovana. Ma certamente può fare di meglio che rivolgersi alle organizzazioni sindacali visto che ha titolo per interrogare i vertici del suo partito, il Pd, da sempre padrone indiscusso delle sorti di Mps e ora di Unicredit, alla cui guida siede, guarda caso, l’ex ministro piddino Pier Carlo Padoan». La bordata arriva dal portavoce provinciale di Fratelli d’Italia, Alessandro Beduschi, che più che credere al proclama lanciato da Palazzi, interviene contro la trattativa di Unicredit con il Tesoro per l’acquisizione di Mps, di cui il governo è azionista di maggioranza. «Negli anni Mps negli è stata letteralmente depredata e ancora oggi è al centro di un enorme conflitto di interessi tra Pd e finanza (è di attualità che il segretario Letta sia candidato nel collegio toscano alle elezioni supplettive per il seggio lasciato libero dallo stesso Padoan che nel suo passato ministeriale tanto si occupò di Mps): ecco perché la maggioranza parlamentare e le correnti “Dem” sono così agitate, mostrando al tempo stesso un’ipocrisia senza eguali». La vicenda ha assunto una forte connotazione politica, amplificata proprio dalle elezioni suppletive di Siena per assegnare il seggio alla Camera rimasto vacante dopo il passaggio di Pier Carlo Padoan alla presidenza della banca di Piazza Gae Aulenti. «Un balletto di porte girevoli a dir poco vergognoso, da dove ancora una volta il Pd ha mostrato il suo lato peggiore: tutela i propri interessi e scaricale perdite sulle spalle di cittadini, gli stessi che già in passato hanno pagato milioni di euro per scandali e mala gestione dell’istituto bancario sotto trame e manovre dei governi di sinistra; ora da questa mirabolante operazione finanziaria di acquisizione il rischio tangibile è la perdita di circa 2500 posti di lavoro molti dei quali nel mantovano – insiste Beduschi -. Al sindaco Palazzi chiediamo quindi di unirsi a questa battaglia dimostrando indipendenza dagli interessi del suo partito «per evitare sicure ricadute occupazionali e l’insopportabile “socializzazione” delle perdite e “privatizzazione” dei profitti, disciplina nella quale il Pd non ha eguali».
Matteo Vincenzi