MANTOVA Celebrare il lavoro mentre a più di mezza Italia è impedito di lavorare onestamente suona alquanto retorico. Così anche a Mantova il Dipartimento lavoro e crisi aziendali di Fratelli d’Italia ha organizzato un flash-mob con lo slogan Non è festa senza lavoro – in occasione del Primo maggio. L’iniziativa, che ha visto la mobilitazione, sia in città che in provincia, dei militanti del partito di Giorgia Meloni, ha puntato a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difficoltà a ricostruire il tessuto lavorativo di migliaia di aziende italiane. «Abbiamo voluto indirizzare un chiaro messaggio al governo, ribadendo la nostra apprensione per le sorti dell’Italia che lavora e produce», afferma il portavoce provinciale Alessandro Beduschi. «Un’occasione in cui abbiamo ribadito la necessità di abolire il coprifuoco (una misura insensata che sta distruggendo la nostra economia), minori restrizioni nelle zone gialle che consentano ai nostri imprenditori di lavorare e ristori veri per limitare i danni causati dal Covid che ad oggi stanno pesando principalmente su alcuni settori, dalla ristorazione al commercio, dal turismo allo sport, dalla cultura all’intrattenimento». Lo sfogo di Beduschi è avvalorato dai dati sul mondo del lavoro e dell’economia italiana, che definire preoccupanti sembra quasi un eufemismo: dai 945mila posti di lavoro andati in fumo e 717.000 cittadini inattivi dall’inizio della pandemia; per non parlare dei 402.000 posti di lavoro femminili persi, che vedono l’Italia maglia nera per l’occupazione in rosa rispetto alla media europea. «Vorremmo si parlasse, poi, delle 390.000 imprese del commercio non alimentare chiuse definitivamente, di quel 66,5% di imprese che operano nella ristorazione che sono oggi a rischio chiusura, di un turismo al collasso con 219 milioni di visitatori in meno nel 2020 rispetto all’anno precedente – Il problema – attacca Beduschi – è che ci troviamo di fronte a due tipi di virus: quello arrivato da Wuhan e quello insito a Palazzo Chigi, dove abbiamo una maggioranza che si fa dettare la linea da cinque virologi innamorati della tv e da un ministro della Salute (Roberto Speranza) che se potesse terrebbe rinchiusi gli italiani per i prossimi dieci anni».
Matteo Vincenzi