Il bello dell’attesa nel cuore mantovano

Mantova L’attesa, eh l’attesa. Si fa presto a dire “attesa”. Ma c’è, come tutti noi sappiamo, attesa e attesa. A me piace anche attendere l’attesa. Un’attesa alla seconda. L’attesa della domenica, il dì di festa, è una roba che ancora mi emoziona e mi interroga dai tempi del sabato del villaggio, imparato a memoria a scuola. Il sabato per il lunedì.
E si passava la domenica a chiedere alla mamma o alla nonna di ascoltare la ripetizione a memoria della poesia: “allora mamma ascolta. La donzelletta vien dalla campagna…”. Se dici donzelletta adesso rischi una querela. Ma torniamo all’attesa, al bello dell’attesa, parola e immagine che in queste ore -come si può ben immaginare- va e andrà per la maggiore. Attesa, attendere, tendere, veglia, e dati i tempi anche ..sveglia. Il bello dell’attesa nel cuore mantovano.
L’attesa di un riscatto, ma anche di un ponte, quello di San Benedetto, “santa pazienza”è il caso di dire, o di un sottopasso, quello di Porta Cerese, l’attesa annosa di una tangenziale pensata negli anni Sessanta e arrivata negli anni Novanta.
L’attesa di un porto, sicuro, e di una idrovia funzionante; l’attesa di un’autostrada o una strada veloce che colleghi Mantova a Cremona e Parma, città gemelle ma lontane come stelle.

L’attesa nel cuore mantovano di un’altra mostra come i Tesori dei Gonzaga e non solo qualche quadro concesso qui e là, che per carità va sempre bene e fa sempre notizia, ma noi -diamine e pure accipicchia- siamo la terra di Virgilio e dei Gonzaga, siamo la terra dei Marcegaglia e dei Mantegna, dei Corneliani e dei Colaninno, dei Levoni e dei Bianchi, e di Giulio Romano, di Signorini e di Edgarda Ferri, di Baldassarre Castiglione e di Giuseppe Amadei, grandi cuori mantovani, esempio di attesa e di esecuzione. Il bello dell’attesa in queste ore, in questi minuti, in questi ticchettii di orologio e di sveglia più storici del solito, perché sono i ticchettii di Natale e delle Feste di Fine Anno.
Tutto maiuscolo come si deve alle ricorrenze di fine qualcosa. Il bello dell’attesa di una festa, anche con la “f” minuscola per il mondo ma maiuscolissima per noi, un incontro inaspettato e casuale in stazione, una telefonata improvvisa e incalcolata, un WhatsApp che neanche ti immaginavi.

Sì, ma non stare ad attendere un WhatsApp pregando in silenzio che lo stato ti segnali “sta scrivendo”, meglio affidarsi al destino e al suo eventuale sonoro di notifica. Dunque, l’attesa di una festa, i pacchi ancora impacchettati e i nastri ancora intonsi, i bollini colorati come sigilli e la nonna che raccomanda al bambino “non toccare”, bisogna aspettare stasera stanotte.
E l’attesa delle ore che non passano mai quando vorresti che passassero più velocemente.
L’attesa di una lasagna fumante, volete mettere? quel mattoncino di foglie di pasta verde o gialle e quel ragù con besciamella che cola è un monumento intimo e universale per noi mediamente golosi all’attesa della festa e alla concomitante festa dell’attesa.

Sento arrivare la reprimenda: “Eh ma come sei lirico ed elegiaco!”. Quindi allarghiamo e laicizziamo il registro. E lo sguardo. L’attesa di una macchina nuova magari rossa fumante con le chiavi ancora sigillate e immaginando il primo rombo in autostrada o davanti a casa. L’attesa del primo motorino a 14 anni e cercare il primo amico a cui farlo vedere con ardore e stupore.
L’attesa della prima gita di classe con l’ansia del vicino o vicina di corriera e di escursione, l’attesa della prima interrogazione del periodo, più o meno programmata, l’attesa dello sguardo della prima maestra della prima elementare e qui ricordo indelebile della prima gita a piedi sull’argine del Po a cercare e a raccogliere le viole, con l’amorevole vigilanza della maestra Carla Lanfredi. L’attesa del primo dieci sul compito, l’attesa del primo quattro sulla versione di greco
o di latino. Ci sta. L’attesa delle materie della maturità. L’attesa della prima comunione e l’ansia della prima confessione.
L’attesa del primo bacio, ovviamente furtivo, dietro una tenda rossa pensate del cinema. L’attesa della sposa con il bouquet in mano, che non sai dove mettere, sotto lo sguardo paziente o impaziente di invitati e convitati ad un matrimonio che s’ha da fare. L’attesa di quei quattro minuti di sguardi nel vuoto prima del primo appuntamento con il tuo nuovo amore, che sbuca inevitabilmente da un angolo o scende improvvisamente da cavalcavia dietro sicché cambia tutta la poesia dell’incontro.

Ma va bene così, attesa è attesa anche dell’ignoto. L’attesa della prima campanella a scuola, l’attesa del voto d’esame o della proclamazione, l’attesa di un colloquio per assunzione, l’attesa di una risposta di quel colloquio per assunzione.
L’attesa di una tassa, annunciata, l’attesa di una detrazione, agognata. L’attesa di un attimo di riposo, di un semaforo verde, di una serratura che suona il rientro di una persona cara.
Il bello dell’attesa nel cuore dei mantovani comprende la soluzione di vecchi e nuovi problemi: passi e sottopassi, rotonde e nuovi impianti di regolazioni del traffico per stare in un settore che è sempre attuale quello della mobilità più o meno sostenibile.
E poi l’attesa di un posto in una residenza sanitaria protetta per chi ha bisogno e per chi vuole, non per chi non ha bisogno e chi non vuole.

La bella attesa di una RSA volontaria e adeguata, l’attesa di una vecchiaia vigile ed orientata e, diciamocelo, anche un po’ preparata. L’attesa di mostre e spettacoli che non difettano a Mantova, l’attesa di treni anche regionali che arrivino e partano in orario, cuore straziato dei mantovani, con le torture cicliche delle disavventure sulla linea, cosiddetta linea, Mantova Milano o Milano Mantova. Non vogliamo fare le feste a Codogno. Oppure boh, vediamo. Cosa c’è da vedere a Codogno?

L’attesa di una alleanza ambientale col Garda, di una alleanza stradale e autostradale con aeroporti e porti, con snodi e città d’arte, l’attesa invocata di entrare in rete, nelle reti, nella fila che conta o che comunque può dire qualcosa, a qualcuno che ascolta.
Il bello dell’attesa nell’attesa di una mano che ti prende la mano e ti accompagna, all’asilo, al binario, all’altare, alla vita.