La pace in Ucraina si deve fare, così vuole la gente che oggi, cadendo il terzo anno di guerra, dice basta alle distruzioni, ai morti, militari e civili, in particolare anziani, donne e bambini. Combattere oggi come ieri non ha senso, le guerre non risolvono i problemi, ma ne lasciano più di quelli per cui si è pensato di combattere per risolverli. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, vuole la pace, solo che guarda un po’ troppo da una parte e ciò arrischia di compromettere una pace che dopo tante distruzioni e morti dovrebbe essere giusta, in quanto la sola che può essere duratura. Trump, anche per altri suoi problemi, guarda a Putin come se non fosse stato lui ad aggredire l’Ucraina, l’autocrate che ha attaccato una democrazia con un Presidente eletto dal popolo. Non solo, ma pensa all’Europa come insignificante, e tende a non farla sedere al tavolo della diplomazia. Anche se l’Europa ha messo nella difesa del popolo ucraino in armi e aiuti oltre 140 miliardi di euro, di poco, ma qualcosa in più di quanto per la stessa causa ha speso l’America di Biden. Qualche paletto. Se l’Europa è giunta all’appuntamento impreparata, debole e quindi vulnerabile la colpa è di chi a suo tempo non ha ascoltato e continua a non farlo, le profezie del presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi che, tuttora, agiscono sull’Europa come vere e proprie “maledizioni”. Alcide DE Gasperi uomo di frontiera e cattolico, come del resto il lorenese Robert Schuman e il renano Konrad Adenauer, gli altri due “padri dell’Europa”, era convinto che i popoli europei avessero un comune patrimonio di valori spirituali, retaggio della medesima origine cristiana. Da questa constatazione la ricerca concreta di una unione politica dai paesi dell’Europa. Con la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) il processo di integrazione europeo era avviato, ma fu soprattutto la guerra di Corea ad accelerare i tempi. Di fronte al problema della difesa dell’Europa occidentale da un paventato attacco sovietico, si era cominciato a parlare di riarmo e la mossa giusta era cominciare dall’integrazione militare, dalla Comunità europea di difesa (Ced). Ieri come oggi. De Gasperi rovesciò l’impostazione originaria del trattato, incentrato sul solo aspetto militare, e ne fece la base per l’Europa federata. L’articolo38 del progetto che De Gasperi riuscì ad imporre, prevedeva che l’assemblea della Ced avrebbe agito come sorta di Costituente europea in senso federale. Il 27 maggio 1952 fu firmato a Parigi il trattato istitutivo della Ced. De Gasperi propose allora di affidare all’assemblea prevista del trattato Ceca, che era
appena entrato in vigore, il compito di predisporre il progetto di organizzazione federale europea, in attesa della ratifica della Ced. Accadde che non tutti i governi ratificarono la Ced, il trattato cadde e la bocciatura di De Gasperi inabissò l’Europa politica. L’Unione è campata, ma priva di quella efficacia che le sarebbe derivata dall’essere un’Unione politica, soprattutto in grado di parlare con una sola voce, continuando i 27 Stati che la compongono a muoversi anche in ordine sparso. Oggi, infatti, per poter rispondere alle posizioni della pace in capo al presidente Trump e cercare di farsi ascoltare occorre usare una sola voce, forte e chiara. Ma l’Europa è giunta all’appuntamento impreparata, debole e quindi vulnerabile. Allora, c’è un leader in Europa? La presidente Giorgia Meloni sembra possa incarnarlo. E’ voce sicura di chi tiene la barra dritta del governo italiano come ha dimostrato, e ciò potrebbe aiutare anche l’Europa, parlando in America nella giornata di sabato della scorsa settimana. E’ stato nel suo intervento parlando al popolo di Donald Trump, che ha sottolineato con forza: “Dopo l’aggressione brutale la pace in Ucraina deve essere giusta” (senza umiliare Kiev) e “non” si può ripetere “l’errore” del ritiro delle truppe in Afghanistan, riferendosi al conflitto fra Russia e Ucraina.
GASTONE SAVIO






































