MANTOVA – Ormai le inchieste non si contano più e dipingono il territorio reggiano come una vera e propria “fabbrica” delle false fatture. Un fenomeno finanziario illegale milionario su cui sta indagando da tempo la procura di Reggio Emilia che ora cala l’asso dell’inchiesta, chiedendo il rinvio a giudizio per 193 persone. Fra un mese l’udienza preliminare con una “montagna” da scalare fatta di diversi reati di natura tributaria, oltre all’associazione a delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta. Un imponente impianto accusatorio, costruito su oltre trecento capi d’accusa. Rispetto a quando è esplosa la maxi inchiesta, nel settembre 2020, il numero delle persone finite nel mirino degli inquirenti si è ristretto ma non di molto (da 201 a 193). Il 23 settembre 2020 vengono notificati i provvedimenti restrittivi, con perquisizioni e sequestro di beni. Un’operazione, quella battezzata “Billions” che scuote la provincia reggiana e non solo. E spunta persino un nome (il 53enne Vincenzo Vasapollo) legato ai fatti di sangue in odore di ’ndrangheta di fine anni Novanta. Raggiunto dai provvedimenti restrittivi il nucleo chiave – dalla forte componente calabrese – che per gli investigatori movimentava fiumi di denaro (stimato in 240 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro sarebbero stati prelevati come denaro contante da bancomat e istituti di credito). E viene descritta un’organizzazione vasta, potente, molto ben strutturata: suddivisa in una decina di “cellule” (fra cui una reggiana e una radicata nel Mantovano), con agganci ’ndranghetisti a cui però l’aggravante mafiosa non è stata contestata.