CASTEL D’ARIO Quattro richieste di condanna e una di assoluzione. Questo quanto formulato ieri, al termine della propria requisitoria, dal pubblico ministero Silvia Bertuzzi nei confronti dei cinque imputati del processo, per omicidio colposo, istruito per la morte di Matteo Pedrazzoli, il 14enne travolto e ucciso il 10 agosto 2018 dal crollo di una panchina girevole installata nel parco di piazza Castello a Castel d’Ario. Nello specifico le istanze del magistrato inquirente sono constate in richieste di un anno e otto mesi di reclusione per l’architetto progettista del manufatto Elena Bellini; un anno e sei mesi ciascuno per Marzio Furini, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Castel d’Ario; Luca Bronzini, titolare dell’omonimo laboratorio di Rovereto specializzato in attività di restauro che si era aggiudicato l’appalto per la riqualificazione dell’intera area verde; e Cristian Manfredi, titolare della Car-Mec, azienda di carpenteria metallica con sede a Rovereto. Proposta invece l’assoluzione per il fratello di quest’ultimo Loris Manfredi, socio della ditta ma senza alcun ruolo concreto nella vicenda. Chiamato a giudizio anche il Comune di Castel d’Ario in qualità di responsabile civile. Parte civile, con l’avvocato Maria Grazia Galeotti, i familiari della giovane vittima: il padre Gianfranco Pedrazzoli, la madre Alessandra Ferrarese, il fratello Gianluca, nonché tre zii e un nonno. In loro favore è stata avanzata una richiesta risarcitoria per complessivi 1,1 milioni di euro oltre a una provvisionale da 500mila euro. Assoluzione infine, perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, da parte dei difensori degli accusati. Secondo quanto emerso in istruttoria da una perizia disposta dal Pm ci sarebbe stato un errore di calcolo sul perno della struttura, risultato troppo esile per sostenere il peso dell’intero manufatto. Di diverso avviso i consulenti delle difese, concordi nel sostenere l’esattezza dei calcoli di dimensionamento effettuati in via preventiva, e quindi di conseguenza la corretta progettazione e costruzione, essendo quel manufatto stato ideato come mera opera di arredo urbano o installazione architettonica e non, al contrario, quale giostra o altalena. La sera della tragedia il parco giochi era affollato di giovani e giovanissimi ritrovatisi nei pressi delle panchine girevoli. D’un tratto però proprio il perno di una delle due opere si era spezzato facendo collassare a suolo il pesante manufatto. Tutti i ragazzini si erano messi in salvo tranne Matteo. Gli amici avevano tentato disperatamente di sollevare la panchina senza riuscirci. C’erano volute quindici persone per liberare il 14enne, ma ormai era troppo tardi. Sentenza fissata per il prossimo 16 ottobre.