Benedetta Segala: “Cycles è un ritorno che non torna mai uguale”

MANTOVA –  «È una storia di coincidenze che non sono coincidenze»: Benedetta Segala introduce Cycles, la mostra inaugurata ieri mattina alla Casa del Mantegna, alla presenza del presidente della Provincia Carlo Bottani. Un ritorno atteso, curato da Beatrice Bassi e promosso dal collettivo Col.Tur.E con l’associazione Mater Manto, aperto fino al 6 gennaio 2026. Artista originaria di Mantova, che da dodici anni vive in Malesia, Segala ripercorre vent’anni di viaggi e metamorfosi attraverso una cinquantina di oli su tela, xilografie e acquerelli.
«Cycles è un ritorno su se stesso, ma sempre diverso – spiega – racconta i miei periodi di vita e di lavoro in posti diversi». Le prime opere risalgono al 1998, quando frequentava la Luminy Faculty of Fine Arts a Marsiglia: «Ho voluto mostrare la transizione negli anni: dai colori padani, pastello, delle nebbie di qui, ai toni accesi del tropico. La luce dei luoghi vissuti attraversa il pittore come uno specchio: se cambi luogo, anche quella luce si trasforma sulla tela».
Nella pittura di Segala, l’astrazione è attraversata da elementi primordiali – acqua, fuoco, terra – che diventano paesaggio interiore. «È un “realismo magico” e un “astratto organico”: abitato da simboli. Non è mai narrativa, ma suggerisce, emoziona, lascia spazio allo sguardo di chi osserva». Il suo strumento è quasi sempre lo stesso: «L’olio su tela per me è un materiale “nobile”, che non si degrada e riverbera la luce come nessun altro, nelle sue trasparenze». Il percorso espositivo si chiude con un omaggio doppio: a Mantegna, per «le sue nuvole e i volti che vi disegnava», e al padre dell’artista, scomparso dieci anni fa, di cui oggi sarebbe il compleanno. «Senza di lui non sarei qui oggi – confida – il caso non esiste». Da Mantova a Marsiglia, poi l’Africa, l’India, i tropici, fino a una nuova casa in Malesia condivisa con il marito, anche lui pittore e compositore della Sinfonia A Journey Through Shadows and Light, che accompagna il finissage sonoro della mostra. «È un ritorno che non è mai nello stesso punto – dice ancora – la spirale si muove in alto e dentro. Passato e futuro dialogano, come microcosmo e macrocosmo. E alla fine tutto trova un senso». Cinque parole per descrivere questa mostra? «Pienezza, senso, sogno, radici e speranza… per il mondo».