Festivaletteratura 2024 – McCann: “Racconto la madre di Foley decapitato dall’Isis”

DSCF8059_3219089

Mantova Un incontro toccante e rilevatore della sensibilità dello scrittore Colum McCann autore di “Una madre”, romanzo edito Feltrinelli e scritto insieme a Diane Foley: il figlio James Wright Foley viene catturato in Siria nel 2012 dove lavorava per la Global Post e il 19 agosto 2014 venne giustiziato da terroristi. Quel video fece il giro del mondo. Mentre era ospite al Festivaletteratura nel 2021, McCann (Apeirogon, TransAtlantic, I figli del buio) aveva confidato di voler scrivere della tragica vicenda. Ora è tornato per raccontarne la genesi.
Quando ha deciso di trattare questa vicenda?
«Dopo aver visto le fotografie della sua morte nell’agosto 2014: non le potrò mai più dimenticare. Nello stesso giorno ricevo un’altra sua foto mentre è in un bunker militare: teneva tra le mani il mio libro Let the Great World Spin. Mesi dopo vedo in tv la madre Diane e le scrivo una mail chiedendole di poterla incontrare ma non mi risponde e scopro dal NYT che aveva intenzione di scrivere un libro sul figlio. Passa del tempo e dopo una conferenza su zoom ricevo una sua mail in cui mi dice che non ha mai ricevuto la mia e tantomeno scritto il libro. Vado a trovarla nel New Hampshire e dormo nella camera di James. In quel frangente mi propone di accompagnarla in un tribunale della Virginia dove le era stata data l’opportunità di parlare con uno degli assassini di suo figlio, Alexanda Kotey, che aveva ammesso le sue responsabilità nel rapimento e nella decisione dell’omicidio».
Come si può dare voce al dolore di una madre che ha perso un figlio in modo così assurdo?
«Non soffro neanche lontanamente la stessa quantità di dolore, ma do ai lettori l’opportunità di comprendere il suo dolore. Ero lì in quella stanza quando ha parlato con Kotey, ero seduto accanto a lei. Anch’io ho fatto domande ma non volevo diventare un personaggio nel libro perché non è su di me, riguarda Diane».
“Una madre” rientra nel genere “saggistica letteraria”: non è fiction?
«Ho iniziato la mia carriera come giornalista e continuo a credere di esserlo anche quando scrivo altro: voglio registrare ciò che chiamiamo verità».
È possibile il perdono, la riconciliazione?
«Per Diane è stato possibile, forse anche per la sua grande fede religiosa: penso avesse già perdonato nel suo cuore l’assassino anche prima di farlo pubblicamente».
Cosa le ha lasciato quest’esperienza?
«Non lo so… La morte può portare via molte cose ma non le storie. Jim non l’ho mai conosciuto ma lui ha conosciuto me leggendo un mio libro. Mi accorgo allora che ho imparato da lui il coraggio morale del giornalista, la gente dimentica il coraggio morale che ci vuole nel fare questa professione».