MANTOVA Il presidente della Pompea Mantova Adriano Negri ha rilasciato un’intervista a SuperNews. Il colloquio ha toccato diversi temi, quali la decisione della chiusura del campionato da parte della Federazione e la crisi economica che ha investito le società a causa dell’emergenza CoVid19. Infine, Negri sottolinea la necessità di una programmazione dettagliata del futuro della pallacanestro.
Quali sono le condizioni di salute della squadra e della società?
«Per adesso, non abbiamo riscontro di nessuna positività al CoVid19. I giocatori e lo staff sono nelle proprie case con le proprie famiglie».
La decisione della cancellazione della stagione da parte della Fip ha inferto un duro colpo agli Stings, dal momento che la squadra aveva totalizzato 30 punti e si trovava quinta in classifica…
«Io sono stato una delle persone favorevoli alla chiusura del campionato fin dal primo momento, anche se Mantova si trovava in una fase importante: veniva da tre vittorie consecutive, in trasferta contro Udine, in casa contro Caserta e Ravenna. Era in uno stato mentale molto positivo e ci sarebbe piaciuto continuare a giocare. Tuttavia, pensare di giocare una fase finale a porte chiuse in una situazione così particolare non ci sembrava corretto, e soprattutto non ci sembrava corretto poter pensare a un’eventuale ripresa nei mesi di maggio o giugno, quando il mondo civile sarebbe stato ancora ben lontano dal mondo dello sport. E’ stata la scelta corretta, anche se dolorosa per gli Stings».
Come verrà gestita la questione delle promozioni e delle retrocessioni?
«Da quello che ne so, dovrebbe rimanere tutto in stand-by e proseguire con le forze in campo della stagione scorsa. Ora bisogna capire se la Fip, insieme alle due Leghe di Serie A e B, sentiranno la necessità di riformare i campionati in base all’ipotesi di ripresa della prossima stagione, perché sarà difficile poter pensare di allenarsi regolarmente in agosto e giocare a porte aperte a ottobre. Se la stagione andrà avanti, sicuramente ci saranno dei cambiamenti, che dipenderanno anche dalla possibilità che avranno le squadre di iscriversi, dal momento che la crisi sociale ha anche il suo pesante risvolto economico. Non so cosa succederà tra due o tre mesi, quindi è difficile programmare qualsiasi cosa. Oggi stiamo tutti vivendo alla giornata».
Un periodo di stasi così prolungato può essere psicologicamente nocivo per gli atleti? Come si mantiene alta la motivazione e la concentrazione?
«Credo sia molto difficile. Purtroppo, non avendo idea di quando si possa riprendere, non abbiamo una data precisa, un obiettivo ben chiaro, non sappiamo cosa ci succederà. E’ il momento giusto per resettare la testa e capire quando e come rimetterla in moto fra qualche mese. Per quanto riguarda la società, bisogna essere pronti ad affrontare qualsiasi situazione e cercare di essere attenti nella programmazione, anche se risulta molto complicato, date le condizioni attuali».
A quanto ammontano gli investimenti realizzati a inizio stagione e le perdite economiche della società, dopo la chiusura del campionato?
«Gli investimenti che avevamo programmato erano supportati da condizioni economiche che non prevedevano indebitamenti della società, quindi non siamo in difficoltà. Le perdite, invece, sono difficili da definire, dal momento che non abbiamo ancora risposte chiare da parte degli sponsor. Non è facile avere un’idea complessiva del danno, possiamo solo valutare gli incassi del botteghino, che però sono marginali. Il problema più grande non sono le perdite di quest’anno, quanto quelle del futuro, non sapendo quale sarà il livello di crisi di ogni realtà. Per esempio, in Lombardia siamo in una situazione davvero complicata. Probabilmente, noi risultiamo penalizzati più di altre realtà del territorio nazionale. La nostra società, vivendo principalmente di sponsorizzazione, risente di questa crisi economica, al contrario di altre società che, dal punto di vista economico, gestiscono autonomamente le annate sportive, quindi si trovano in una condizione diversa. Mantova, in particolare, è molto legata al contesto territoriale».
Cosa si augura per gli Stings e per la pallacanestro, una volta finita quest’emergenza?
«Mi auguro che ci sia la capacità di resettare e di guardare al futuro con programmazione. Quest’emergenza ci dà modo di ripensare il nostro modo di essere: lo stesso discorso deve essere applicato al basket, che deve pensare a un nuovo modo di fare sport, nell’immediato e nel futuro. Quindi, mi auguro che le nostre Leghe e la Fip abbiano la forza e l’intenzione di sedersi attorno a un tavolo e di progettare una nuova stagione. Anche per gli Stings è il momento di voltare pagina. Credo che sia necessario, in questo momento, capire come far crescere un movimento sportivo in modo diverso nella nostra area. La nostra società è abbastanza giovane, quindi abbiamo la necessità e l’obbligo di coinvolgere le nostre squadre giovanili del territorio. Abbiamo il bisogno di ripensare al modo in cui poter diventare dei leader nella nostra area territoriale».