OSTIGLIA Ricorso rigettato, pena definitiva. È quanto deciso ieri dalla Corte di Cassazione avverso l’istanza d’impugnazione della sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia che la scorsa estate, riformando parzialmente il verdetto di primo grado al carcere a vita, aveva condannato a 24 anni di carcere Lorenzo Prandi, il 52enne di Ostiglia reo confesso dell’assassinio del padre Mario, 75 anni, ammazzato a coltellate al culmine di un litigio in casa, quasi tre anni fa.
La tragedia si era consumata nella tarda serata del 14 luglio 2021 quando, poco prima delle 23 una telefonata al 118 da parte dello stesso assassino aveva fatto scattare l’allarme. All’arrivo di sanitari e carabinieri nell’appartamento di via Colombo 9, in pieno centro a Ostiglia, però, in cui padre e figlio convivevano da poco meno di un anno, per l’anziano non c’era stato più nulla da fare. Troppo gravi le ferite da lui riportate a torace e addome. Stando alla ricostruzione dei militari dell’Arma il diverbio tra i due sarebbe sorto in merito al volume del televisore, ritenuto troppo alto dal 52enne il quale in preda ad uno scatto d’ira aveva quindi afferrato un coltellaccio da cucina attingendo il genitore, in quel momento seduto sul divano, con undici fendenti, di cui quattro penetranti, uccidendolo sul colpo. «Quella sera – aveva dichiarato l’imputato alla Corte d’Assise di Mantova – non riuscivo a prendere sonno; faceva caldo e le grida e gli spari del film d’azione, che mio padre stava guardando in televisione a tutto volume, mi avevano innervosito. Così ero andato a dirgli di abbassare ma lui, per tutta risposta, mi aveva “mandato a quel paese”. Così in quel momento non ho più distinto la realtà dalla finzione, sentendomi minacciato dalle voci di quei personaggi cinematografici. Quando infine sono rinsavito da quella sorta di black out temporaneo mi sono trovato con un coltello sporco di sangue in mano». Dopo lo sconto di pena avuto in secondo grado Prandi – difeso dall’avvocato Marina Manfredi di Brescia – era quindi stato trasferito dalla casa circondariale di via Poma al carcere milanese di Opera, dove si trova tuttora ristretto.