MANTOVA Dopo ventitre lunghi anni e tre gradi di giudizio a lui favorevoli è ora costretto a pagare di tasca propria per spese di demolizione e ricostruzione di un manufatto abusivo, nonché con l’incertezza pendente circa il prosieguo della procedura esecutiva a fronte di una riserva del giudice civile lunga ormai quattro anni. Una situazione del tutto paradossale in cui si trova suo malgrado ingabbiato un 87enne residente nell’Oglio Po.
Nello specifico la vicenda, in tema di abusi edilizi, risale al 2001 quando, su impulso dello stesso denunciante, viene avviato un contenzioso civile in materia di regolamento di confini, contro la nuova costruzione realizzata da un suo vicino di casa. In particolare la richiesta di parte attrice atteneva la demolizione di una scala cilindrica di proprietà del convenuto per non aver lo stesso rispettato le distanze dal confine, in quanto trattasi di nuova costruzione per difformità di area di sedime, forma e volumetria.
Il procedimento si concludeva così in primo grado nel 2011 con sentenza del tribunale di Mantova che condannava la parte soccombente «a procedere a sua cura e spese all’arretramento della torre di forma cilindrica antistante la sua abitazione sino alla distanza di 10.36 metri, nonché sino alla distanza di almeno 5.16 metri dal confine delle parti». Un verdetto confermato quindi sia dalla Corte d’Appello nel 2014 che dalla Corte di Cassazione nel 2018. Un anno dopo, nel 2019, si apriva dunque in via Poma la procedura esecutiva con la designazione da parte dell’ufficiale giudiziario del consulente tecnico d’ufficio (Ctu) residente però nello stesso paese e comune (inferiore ai 90.000 abitanti), di due delle controparti: vale a dire gli eredi del progettista del manufatto, nel frattempo deceduto, e il direttore dei lavori, quest’ultimo sindaco del Comune di residenza dello stesso Ctu, a sua volta questi anche tecnico del Comune in cui si trova l’immobile in questione e, per aver partecipato in passato alle modifiche del Prg, pertanto ben consapevole che il manufatto stesso fosse stato costruito in difformità della normativa del Prg stesso. Ma invece, alla parte vincitrice vengono addebitate, da Ctu e ufficiale giudiziario, 100mila euro di spese di cui 50mila da versare alla ditta demolitrice, scelta dalle controparti e anticipatamente all’inizio dei lavori di demolizione, nonché altre 50mila a titolo di fideiussione bancaria quale garanzia per le spese comprensive di parte della ricostruzione della scala del convenuto, spese non previste da nessuna delle tre sentenze. A quel punto l’attore presenta un preventivo di un’impresa edile per la sola demolizione con un importo inferiore di 37.940 euro rispettando ugualmente tutte le normative di sicurezza e sgombero rottami previste per il cantiere. «Sino ad ora però – lamenta alla Voce il denunciate – nessuna risposta è arrivata, tenendo presente l’aumento di spese procedurali e legali anticipate dalla parte vincitrice, oltre ad avere già anticipato circa 10mila euro al Ctu su obbligo dell’ufficiale giudiziario. Ma la questione però non è ancora esaurita: il ricorrente infatti, tramite il proprio legale di fiducia, chiede la sostituzione del Ctu per incompatibilità e conflitto d’interessi, a fronte dei motivi sopra elencati, con un consulente tecnico super partes. Il giudice competente, quattro anni fa, si riserva in merito a tale decisione, ad oggi però ancora pendente.
«Quale può essere l’incertezza di tale decisione – lamenta il pensionato – dal momento che sono già passate in giudicato tre sentenze favorevoli alla demolizione del manufatto con spese a carico del convenuto con rivalsa di quest’ultimo sugli eredi del direttore dei lavori? Inoltre, perché devo fare io la fideiussione e non il mio vicino di casa, parte interessata e proprietario con diritto di rivalsa? E infine perché non viene accettata la mia proposta di demolizione che presenta costi inferiori rispetto a quelli stabiliti dal Ctu visto che le spese di demolizione l’ufficiale giudiziario le ha poste anticipatamente a carico mio?».