MILANO Continua la battaglia del Crl contro l’ordinanza numero 620 della Regione Lombardia, che ha bloccato di fatto il calcio dilettantistico. I vertici rinnovano al Pirellone la richiesta di un incontro, chiedendo che le disposizioni regionali vengano quantomeno adeguate al DPCM del 18 ottobre: diversamente, la Lombardia rimarrebbe l’unica Regione italiana a chiudere l’attività sportiva, mettendo a rischio un mondo che rappresenta 180.000 tesserati.
Nella missiva inviata, il presidente Giuseppe Baretti esprime «lo sconcerto nostro, quale Istituzione sportiva, e quello delle oltre 1.400 società dilettantistiche lombarde per l’approvazione da parte di Regione Lombardia di un provvedimento, reso noto solo nella tarda serata di venerdì 16 ottobre. A destare profondo stupore è innanzitutto la tempistica. Solamente il giorno prima la Regione aveva approvato l’ordinanza 619, contenente disposizioni sull’accesso del pubblico alle manifestazioni sportive, da ritenersi dunque confermate, con validità dallo stesso 16 ottobre e fino al 19 ottobre. Nel pomeriggio dello stesso 16 ottobre, le prime dichiarazioni di Fontana con annunci relativi allo stop delle competizioni regionali ma non delle sedute di allenamento. Solo dopo le ore 22, il testo dell’ordinanza 620 vietava anche gli allenamenti già dal 17 ottobre.
Siamo esterrefatti per la decisione finale di chiusura, uno schiaffo al mondo del calcio e dello sport giovanile e dilettantistico. Le società hanno sin dalla scorsa estate profuso sforzi, impegni di personale ed economico per potersi adeguare ai rigidi Protocolli di Figc e Cts, scientificamente validati, per operare in sicurezza. Il mondo dilettantistico si è fermato lo scorso 22 febbraio e ha fatto tanto per riorganizzare una difficile ripartenza. Le precauzioni degli operatori sportivi hanno evitato il sorgere di focolai all’interno delle società, colpite da positività in casi bassissimi e sempre importati dall’esterno: anche nei casi di giocatore positivo, il virus non è stato trasmesso a tutti gli altri giocatori. I rinvii di gare sono stati per lo più a scopo precauzionale, a fronte, in realtà, di provvedimenti esterni della cd. quarantena imposta a intere classi scolastiche o luoghi di lavoro o anche da singole ATS che, in spregio al concetto di “contatto stretto” esplicitato dall’OMS, hanno, come purtroppo a Voi già segnalato in precedente incontro presso la Regione, imposto a interi gruppi squadra l’isolamento. Rigettando dunque a qualsiasi livello il ruolo di fonti di contagio che la totale chiusura ci vorrebbe affibbiare, troviamo ancor più incomprensibile che, costringendo le società sportive alla serrata, venga data la possibilità a tanti ragazzi, che dalle società sarebbero monitorati, di poter magari giocare nei parchi pubblici senza alcuna forma di controllo o, peggio ancora, di creare assembramenti, quelli sì, in posti anche chiusi con notevole maggiorazione del rischio di contagio. Entrando poi nel merito delle scelte effettuate dalla Regione, un sereno e costruttivo confronto, purtroppo mai avvenuto, con chi di sport, e di calcio in particolare, si occupa quotidianamente, avrebbe evitato una tale debacle all’Istituzione Regionale. Oltre ad essere incomprensibile come possa essere ritenuta più pericolosa un’attività salutare, condotta all’aperto in spazi amplissimi, rispetto a molte altre situazioni della vita quotidiana che attualmente risultano però autorizzate, viene anche da chiedersi, in tema prettamente calcistico, che differenza ci sarà mai fra un atleta delle categorie Allievi o Giovanissimi che gioca in una squadra dilettantistica e quello che milita invece nella corrispondente categoria di una società professionistica, oppure tra la Serie D, campionato nazionale dilettanti, e gli altri campionati regionali dilettantistici, se a dover essere tutelate sono la salute e la sicurezza.
A ciò si aggiunga la pubblicazione dell’ultimo DPCM in data 18 ottobre 2020, che consente le competizioni degli sport di squadra riconosciuti a livello nazionale e regionale da CONI e Federazioni sportive con la presenza di pubblico e anche degli allenamenti a porte chiuse con ciò rendendo la produttiva e da sempre attiva Regione Lombardia l’unica al palo quanto ad attività sportive che per la sostenibilità del sistema chiedono invece di poter andare avanti».