MANTOVA – Tutti a cercare di interpretare quel “prossimi giorni” che il ministro Giancarlo Giorgetti ha posto l’altro ieri come tempistica fisiologica dei tecnici per capire se sia possibile trovare un escamotage utile a iniettare 10 milioni nelle casse della Corneliani. Non un finanziamento a fondo perduto, ma un investimento finalizzato a corrispondere alle finalità del decreto “Rilancio” salva-imprese; la cosa viceversa andrebbe a urtare sulle prescrizioni europee che lo impediscono. Ma il nodo più ostico da sbrogliare per arrivare allo scopo, nel caso, rimane l’impegno dei soci a corrispondere 3 milioni di tasca propria, oltre a mantenere la continuità produttiva.
Su questo punto le visioni si stanno divaricando. A molti è parso un ok di convenienza quello dato al ministro dal fondo Investcorp, socio di maggioranza, che invece aveva aperto la discussione dichiarando soluzioni liquidatorie. Del resto, l’anamnesi industriale della maison parla chiaro. Si affronta una strada in declino che parte dal 2012; che dal 2016 (ingresso del fondo in Corneliani) si fa ancor più critico, sino a cumulare passività di anno in anno. Benché molto improbabile il dato computato da “Italia Oggi” lo scorso anno (si parlava addirittura di 118 milioni di passività), vero rimane invece che la contrazione del fatturato si è fatta progressiva dal triennio 2016-’19, e che il “rosso” sia ormai a due cifre. A queste condizioni (le stesse rimarcate anche dal mancato socio BasicNet) diventano credibili le voci di un disimpegno del socio di maggioranza, che per rimanere tale è oltretutto chiamato a versare 17 milioni entro giugno.
Si intensificano per converso i rumors che a voler mantenere in piedi la storica maison ci sia la stessa famiglia, con Stefano Corneliani in testa. Al socio di minoranza non va proprio giù di liquidare, e la sorpresa per dare una svolta positiva al prossimo tavolo del Mise potrebbe arrivare proprio dalla storica proprietà.