Braccianti sfruttati, in tre sul banco degli imputati per caporalato

MANTOVA –  Una sessantina di braccianti trattati come schiavi: cinque euro all’ora per giornate di lavoro che andavano dall’alba al tramonto, niente acqua nonostante il caldo, quindici giacigli per ogni stanza, nessun dispositivo di sicurezza, né scarpe, né cappelli né guanti, e niente visita medica preventiva. A fare la scoperta, nella primavera del 2019, erano stati i carabinieri durante un blitz nell’ambito dei servizi contro il lavoro nero e il caporalato in un’azienda agricola dedita alla coltura di radicchi, a Ostiglia. L’operazione si era conclusa con cinque arresti: in carcere erano finiti tre immigrati pakistani e un marocchino accusati di essere i caporali, cioè di gestire i braccianti, e il proprietario del fondo agricolo e committente del lavoro, un 72enne del luogo. Ieri, innanzi al giudice Gilberto Casari, sono comparsi i tre pakistani, cioè il titolare della società cooperativa cui l’azienda si avvaleva per reperire la manodopera e due dipendenti. Venticinque di loro si sono costituiti parte civile con l’avvocato Annalisa Finocchiaro, mentre degli altri 28 si sono perse le tracce. I carabinieri, intervenuti con gli specialisti del nucleo ispettorato del lavoro, e gli ispettori dell’Inps e dell’Inail, avevano eseguito il controllo nei campi al confine con il Veneto in giugno, la stagione nella quale si coltiva radicchio rosso. L’azienda agricola, con sede legale a Legnago, si avvaleva di una cooperativa di Savignano sul Panaro che gestiva i braccianti, tutti stranieri. Erano 53 gli operai agricoli trovati al lavoro dai militari che avevano controllato la loro posizione retributiva e assicurativa. Tutti i lavoratori erano risultati in regola con il permesso di soggiorno. Ma i problemi c’erano comunque: gli operai avevano infatti ammesso, di aver percepire una paga di appena cinque euro all’ora. Nel corso della stessa attività di controllo, che aveva determinato la sospensione dell’attività dell’azienda agricola, erano stati anche sottoposti a sequestro i tre furgoni che venivano utilizzati per il trasporto dei braccianti. Inoltre la task force aveva inflitto contravvenzioni amministrative per una cifra che sfiora i 49mila euro. Prossima udienza il 12 novembre