MANTOVA – Una vicenda che non ha esitato a definire dolorosa sotto tutti i punti di vista, la peggiore della sua vita sia sportiva che privata. Chiamato a riferire in aula come testimone, ieri nel processo per bancarotta afferente il fallimento del Mantova Football Club srl, datato 8 febbraio 2018, è stato Sandro Musso, presidente biancorosso nel biennio 2015-2017, periodo risalente alla precedente gestione societaria, quella cioè relativa al gruppo bresciano-mantovano. E incalzato dalle domande di accusa e difesa l’ex numero uno di viale Te ha di fatto ricostruito il “sofferto” passaggio di consegne del club agli attuali imputati della cosiddetta cordata romana accusati di un crac finanziario da circa 2,8 milioni di euro: si tratta dell’allora patron Marco Claudio De Sanctis, del suo vice Enrico Folgori, dell’amministratore delegato Carla Sensati, e dei soci Luca Petrini e Sergio Casseri. Segnatamente 7 anni fa il curatore fallimentare si era messo al lavoro, analizzando una mole consistente di scritture e registri contabili, passando al setaccio entrate e uscite. In particolare le entrate, derivanti da vendita dei biglietti, sponsorizzazioni e contributi della Lega Calcio, nel corso delle varie gestioni succedutesi nel tempo fino al fallimento, non avrebbero mai coperto i costi di esercizio. Alla chiusura dei bilanci i soci avrebbero ripianato le perdite, senonché dall’esame dei libri contabili sarebbe emersa una sistematica capitalizzazione dei costi del vivaio giovanile in assenza dei precisi requisiti richiesti dal codice civile e dai principi contabili di riferimento. Ciò avrebbe determinato, di conseguenza, la realizzazione di una perdita effettiva superiore a quella contabile emergente dai bilanci di esercizio ufficialmente depositati. Quindi i ripianamenti delle perdite, si sarebbero rivelati insufficienti a coprire il “buco”. Per le difese invece le colpe del dissesto sarebbero da ascrivere proprio alla precedente proprietà bresciana. E in tal senso il teste Musso ha riferito di aver conosciuto i romani tramite un giornalista e di averli incontrati a Firenze alla presenza dell’allora presidente della Lega di Serie C, Gabriele Gravina. «In classifica eravamo messi male e già avevamo ereditato una situazione difficile dalla precedente proprietà. Alla fine, benché non riuscendo ad azzerare tutti i debiti, avevamo comunque ceduto una società molto meno in rosso di come l’avevamo acquisita». Durante la sua testimonianza Musso, ha inoltre sostenuto di una sua firma falsificata da qualcuno circa un paventato accordo per una consulenza in materia di nuovi talenti calcistici.