MANTOVA Dopo una settimana di teatrini, liturgie ataviche e franchi tiratori, la politica cala le brache e si riaffida a Sergio Mattarella, che al di là delle dichiarazioni pre-voto probabilmente non ha mai voluto veramente traslocare dal Quirinale. Se n’è accorto, suo malgrado, il centrodestra, che questa volta sembrava avere in mano il pallino del gioco. Ed è stato il primo grande errore: come pensare che la sinistra avrebbe collaborato nell’appoggiare un candidato non espresso da essa? Secondo errore, attribuibile a Lega e Fi (Fd’I si è sfilato rimando coerente alla propria linea): pregare Mattarella di fare un altro mandato anche se nella coalizione erano tutti d’accordo per il no ha di fatto sancito una crepa difficilmente sanabile. E questo all’elettorato – specie in quello leghista – non è piaciuto, tanto che su Matteo Salvini, a cui va se non altro riconosciuto l’impegno per aver cercato un nome condiviso, stanno piovendo forti critiche per come sono stati sacrificati illustri rappresentanti della classe dirigente (Pera, Moratti, Nordio, Frattini, Belloni, Cassese e Casellati). A difesa del Capitano si schiera il deputato mantovano della Lega Andrea Dara: «Troppo comodo incolpare Salvini quando tutti sapevano che i numeri non erano sufficienti e quindi dall’altra parte serviva quel senso di responsabilità e di collaborazione che sin dai primi giorni delle operazioni il segretario Dem Enrico Letta ha sempre rifiutato. E così – prosegue Dara – abbiamo assistito ai veti ideologici e arroganti di Pd e 5 Stelle su tutti i candidati proposti dal centrodestra; veti che la sinistra non ha messo solo su figure vicino al centrodestra, ma su ogni nome condiviso da Salvini, e davanti a questo muro non c’erano molte strade da percorrere: questa sì che è una vergogna, perciò resto sempre più convinto della necessità di una modifica costituzionale per consentire ai cittadini di eleggere direttamente con il proprio voto il Capo dello Stato». Un punto, quest’ultimo, sui cui si trova da d’accordo anche il portavoce provinciale di Fratelli d’Italia Alessandro Beduschi, il quale dà però una lettura completamente diversa e fortemente critica della trattiva che ha portato al Mattarella bis: «E’ stata una settimana di scene surreali, dove si è consumato il pensionamento della democrazia e della politica. Gli artifizi a cui Pd e 5 Stelle sono ricorsi per blindare potere (e stipendio, ndr) sono tipici dei peggiori mestieranti, e vederli inneggiare a Matterella quando i primi puntavano su Draghi e i secondi ne chiedevano fino a poco tempo fa l’impeachment si commenta da solo». Tuttavia, Beduschi non è troppo tenero nemmeno con gli alleati. «Mi duole dirlo, ma come aspirante king-marker Salvini ha commesso troppi errori, partendo dai nomi usciti e mai messi al voto: personalità di spicco esposte precipitosamente e poi sparite nel nulla». Ma la spaccatura risale probabilmente già al giorno prima della riconferma di Mattarella, ovvero con l’affossamento della candidatura Casellati da parte di Forza Italia, magma centrista e proporzionalista che sembra stringere l’occhio a Renzi. «In tutto questo marasma la sola coerente si è come sempre confermata Giorgia Meloni, l’unica che ha tentato fino all’ultimo di tenere in piedi il centrodestra, assolutamente da ripensare per dare voce e speranza a milioni di persone che vogliono serietà e cambiamento, non le messinscene dell’ultima settimana». Risuonano a questo punto quasi come fuori dal coro le parole della deputata di Forza Italia, Anna Lisa Baroni: «Con la rielezione dì Mattarella si è scelta la stabilità, condizione determinante per dare risposte al Paese in termini di concretizzazione del Pnrr e per uscire dalla pandemia economico-sanitaria che ci ha inghiottito. Una rielezione che ha avuto la regia del Parlamento, finalmente riappropriatosi del suo ruolo. Credo che tutti gli Italiani possano sentirsi ben rappresentati e tutelati, ma adesso dobbiamo continuare a lavorare per la soluzione dei tanti e drammatici problemi degli italiani».
Matteo Vincenzi