La difesa europea è ormai inevitabile

E’ iniziato il percorso di pace in Medio Oriente, si è partiti con il piede giusto: fermate le armi, la restituzione degli ostaggi. Ora Donald Trump, a cui va il merito del cessate il fuoco a Gaza, deve guardare alla periferia dell’Europa dove la guerra Russo – Ucraina, non dimenticando mai che sono stati i russi ad invadere l’Ucraina, sta subendo un’escalation paurosa. Per trattare la pace si affianchi al Presidente degli Stati Uniti l’Europa, che per gli aiuti dati par la difesa degli ucraini non può esimersi dal metterci la faccia e far sentire la propria voce perché la forza acquisita in questo caso è pari alla deterrenza. Mosca spegne la luce a Kiev, ancora raid contro l’energia. Ha ragione Zelensky quando sostiene che Mosca vuole spegnere la luce e la speranza del suo popolo. Lo si evince dall’ondata di droni e missili che qualche giorno fa si è abbattuta sull’Ucraina lasciando dietro di sé macerie, black – out e paura. E’ stato uno degli attacchi più massicci dall’inizio dell’invasione: oltre 450 droni e più di trenta missili russi, anche i supersonici Kinzhai, hanno colpito in modo coordinato infrastrutture energetiche in nove zone del Paese. Kiev si è risvegliata al buio: ampie zone della capitale non hanno tutt’ora elettricità, con interruzioni anche della rete idrica per 270 mila persone. Mosca rivendica l’attacco. L’UE condanna con la massima fermezza i bombardamenti, ribadendo il sostegno a Kiev. Sul fronte internazionale cresce la tensione, mentre Putin, che ha sottolineato l’importanza degli accordi con Trump in Alaska, ha ribadito che “se gli Usa forniranno missili Tomahawh a Kiev, rafforzeremo le difese aeree. Il nostro deterrente nucleare resta superiore a quello di qualsiasi altra potenza”. Una volta ancora va sottolineato il fatto di uno squilibrio di potenza, pur con il fondamentale aiuto della Nato e dell’Europa a Kiev, si può aggiungere che Zelensky non può vincere la guerra e Putin non può perderla. Quindi la necessità, dopo oltre tre anni di distruzioni e morti, anche in Ucraina di fermare le ostilità per evitare oltre l’escalation, cercando un possibile compromesso che sia umiliante per nessuno. Torna di attualità quando i “padri dell’Europa” (Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman), di fronte al problema della difesa dell’Europa occidentale da un paventato attacco sovietico, si convinsero della necessità del riarmo, addirittura ritenendo di riarmare la Germania con l’adesione al Patto Atlantico di difesa e l’America primo contribuente ( era il 18 aprile 1951, giorno della costituzione del primo organismo europeo, La Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio). L’Europa,

che si è “fidata” fino ad oggi dell’ombrello Nato di difesa che Trump oggi fa venir meno, sta perdendo isolata a difendersi l’effetto deterrenza nei confronti della Russia di Putin. Dopo quasi 75 anni di pace, gli Stati europei per continuare a mantenerla devono convincersi della necessità di riarmarsi, perché la pace si mantiene non con le parole, ma con la deterrenza. Constatato, pertanto, che la difesa europea è ormai inevitabile: l’Italia dovrà scegliere come farla, non se farla, perché senza deterrenza non c’è dialogo possibile. E’ l’attuale un secondo momento importante della nostra storia in cui la gente più che di slogan ha bisogno di verità. Addirittura la presidente dell’Unione europea Ursula von der Leyen ha evocato “un Piano Marshall per la difesa europea” di oltre 800 miliardi di euro nel prossimo decennio. L’obiettivo, più volte suggerito da Mario Draghi, è ridurre la dipendenza dall’ombrello atlantico, rafforzare l’industria militare europea, costruire una capacità di deterrenza autonoma. E’ la risposta strategica ad un mondo che cambia: l’aggressione russa all’Ucraina, l’instabilità mediterranea, la fine dell’illusione pacifista post 1989. E’ il nuovo ordine mondiale, dove sul dialogo prevale la forza: non piace, ma in questa fase storica così stanno le cose. In questo scenario anche l’Italia è chiamata a contribuire. Fino ad oggi alla difesa ha destinato l’1,5% del Pil, quasi 28 miliardi di euro. L’obiettivo condiviso a livello Nato è arrivare presto al 2% del Pil, tradotto in euro altri 8 – 10 miliardi, in una fase in cui la finanza pubblica non ha tesoretti da distribuire e le priorità sociali restano alte. Non solo, ma poi nei prossimi anni la percentuale di Pil da dedicare agli armamenti dovrà salire per arrivare al 5%.