MANTOVA – Mantova Con 34 richieste di giudizio abbreviato, di cui alcune condizionate ad audizioni testimoniali o a produzioni documentali, e 29 domande di patteggiamento, si è quantomeno definito il quadro circa la scelta di riti alternativi da parte degli indagati del maxi processo Billions, la cui udienza preliminare è in corso a Reggio Emilia.
Per quanto concerne invece i restanti 120 soggetti su 184 totali, accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale (inizialmente erano 193, ma alcune posizioni sono state trasmesse ad altri tribunali per incompetenza territoriale), al momento non si è registrata nessuna proposta di rito alternativo formalizzata al gup Andrea Rat: in caso di loro rinvio a giudizio, saranno quindi processati con rito ordinario, nonostante su buona parte di questi incomba lo spauracchio della prescrizione in merito ad alcune contestazioni. L’inchiesta che nel settembre 2020 aveva portato all’operazione di Guardia di Finanza e Polizia di Stato riguardava una vera e propria “fabbrica” delle false fatture. Un fenomeno finanziario illegale milionario riguardo al quale la procura reggiana aveva ipotizzato una serie di reati di natura tributaria, oltre all’associazione a delinquere, quali riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta per un imponente impianto accusatorio, costruito su oltre trecento capi d’accusa. Tra gli indagati spicca il nome di Vincenzo Vasapollo, personaggio legato ai fatti di sangue in odore di ’ndrangheta di fine anni 90 e condannato a 13 anni e mezzo di carcere per il tentato omicidio di Antonio Valerio, ora pentito di ‘ndrangheta. Raggiunto dai provvedimenti restrittivi il nucleo chiave – dalla forte componente calabrese – che per gli investigatori movimentava fiumi di denaro (stimato in 240 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro sarebbero stati prelevati come denaro contante da bancomat e istituti di credito). E descritta come un’organizzazione vasta, potente, molto ben strutturata: suddivisa in una decina di “cellule” (fra cui una reggiana e una radicata nel Mantovano), con agganci ’ndranghetisti a cui però l’aggravante mafiosa non è stata contestata. Tra le persone indicate come presunti capi della consorteria – una decina in tutto – hanno scelto l’abbreviato Giuseppe Gareri 36 anni di Gualtieri, Luigi Brugnano, 43enne di Cadelbosco e Nicola Lombardo, 43 anni di Oristano. Verso il rito ordinario invece Antonio Sestito 42enne di Cadelbosco, il cui nome è ritornato di recente all’attenzione delle cronache per la vicenda che vede il padre Dante Sestito, gommista di 70 anni, accusato dell’omicidio del 29enne Salvatore Silipo, morto ammazzato il 23 ottobre scorso all’interno dell’officina “Dante Store”: tra il 2014 e il 2015, tale ditta avrebbe infatti ricevuto false fatture per circa mezzo milione. Proiettati verso il dibattimento anche Giuseppe Stirparo (1977) di Cadelbosco, Michele Caccia (1976) di Reggio, Salvatore Mendicino (1979) di Reggio e Giorgio Bellini (1959) di Scandalara Ravara (Cremona).
Non ha invece ancora formalizzato alcuna scelta Pietro Arabia (1979) di Campegine, mentre ha ipotizzato richiesta di patteggiamento (riservandosi altresì l’abbreviato) Luca Bonacini (1965) di Quattro Castella. Passando ad altre posizioni, non ha ancora ufficializzato il rito processuale neppure il già citato Vincenzo Vasapollo, mentre potrebbe profilarsi il rito ordinario per Alessandro Fontanesi, 47enne di Reggio, ex segretario provinciale dei Comunisti italiani. Ha optato per l’abbreviato, subordinato alla produzione di documenti, anche l’imprenditore di Correggio Francesco Veroni, 79 anni, titolare dell’omonimo salumificio. Il gup reggiano ha infine emesso l’altro ieri sentenza di incompetenza territoriale, a favore di Milano o Mantova, nei confronti dell’indagato Giambattista Donelli, 55enne di Bagnolo San Vito.