MANTOVA Dubbio non c’è: la nuova normativa in via di approvazione che renderà più accessibile l’acquisto e l’uso di armi per legittima difesa non ha trovato impreparata Mantova che, in base ai dati forniti dal Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili, risulta addirittura in testa nel rapporto pro capite di spesa media per acquisto di pistole e fucili.
Il dato è stato confermato anche dalla Camera di commercio lombarda che ha proprio in questi giorni compilato un censimento, provincia per provincia, relativo agli acquisti di armi nell’anno 2017 (ultimo anno di riferimento, confermato coi dati incrociati delle Prefetture). Ed è proprio guardando questi dati che si percepisce il senso di insicurezza dei mantovani, dal momento che la provincia virgiliana si posiziona seconda in Lombardia per acquisti di armi, dietro solo a Brescia, dove la tradizione venatoria è molto più marcata, e dove lo stesso numero di abitanti risulta molto più superiore rispetto al nostro, e addirittura più che doppio.
Tradotto in numeri, o anzi in euro, se a Brescia due anni fa sono stati registrati ricavi per 1 milione e 9mila euro di armi, nel Mantovano si arriva a quota 980mila euro. Segue Bergamo con 827mila, e Milano con soli 725mila euro. Una ripartizione “al dettaglio” che comunque non tace il fatto che il business complessivo delle armi in Lombardia, tra fabbricazione, riparazione e commercio, tocca la non trascurabile cifra di 639 milioni e 209mila euro. Dato che ovviamente tiene conto del grande potenziale di export.
Contromisure di cautela? Sì, in effetti a livello legislativo si spinge in un senso, ma nella pratica si frena dall’altro, se è vero, come asserito dall’Anagrafe nazionale delle armi, solo il 5% dell’armamentario rimane in regione (a Mantova lo 0,98%, contro l’1% di Brescia), mentre calano i rilasci e i primi rinnovi di porto d’armi dal 2016 al 2018, a fronte di un aumento sensibile dei dinieghi da parte delle Prefetture.
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