Sisma, le difese: “Niente mafia”. Parti civili solo due mantovani

MANTOVA «La cosca Dragone-Ciampà di Cutro non esiste più dal 10 maggio 2004, giorno dell’assassinio del boss Antonio Dragone per mano dei rivali storici dei Grande Aracri. Per questo, non essendoci potuta essere agevolazione del clan, è del tutto immotivato contestare l’aggravante mafiosa in siffatto contesto processuale». Sulla scorta di tale supposto è dunque constata la principale eccezione difensiva, circa la paventata incompetenza territoriale del Tribunale di Brescia, nell’abito del procedimento scaturito dalla cosiddetta inchiesta “Sisma”, sulla ricostruzione post terremoto del 2012 nel Mantovano.
Un’udienza preliminare, innanzi al gup Alessandro D’Altilia, prettamente interlocutoria quindi e caratterizzata dalla costituzione delle parti, tra cui 20 imputati su 21 totali – un’ultima posizione è stata infatti stralciata per difetto di notifica da doversi rinnovare – nonché dal deposito delle istanze procedurali introduttive, come per l’appunto l’eccezione sollevata dai difensori in merito al difetto di competenza della “Leonessa”, stante la ricusata aggravante ’ndranghetistica, con conseguente richiesta di spostamento del processo per sommi capi rispettivamente a Mantova, Reggio Emilia e Modena.
Le indagini, coordinate dai pubblici ministeri della Dda bresciana Francesco Prete e Claudia Moregola, avrebbero invece accertato al contrario la reviviscenza del clan Dragone-Ciampà, secondo gli inquirenti, in grado di mettere le mani sui lavori post sisma nella provincia di Mantova. Sotto la lente dei magistrati antimafia erano così finiti a suo tempo le figure di Giuseppe Todaro, 36enne residente a Reggiolo (detenuto a Milano “Opera”) e il padre Raffaele, 60 anni, dal momento dell’arresto in carcere a Bologna. Per gli investigatori, entrambi i discendenti del boss cutrese Totò Dragone sarebbero stati infatti l’epicentro dell’ipotizzato giro di corruzione legato all’affidamento degli interventi edilizi alle imprese. In particolare l’architetto Giuseppe, fino al 2021 tecnico esterno incaricato di istruire le pratiche per la ricostruzione di edifici privati in alcuni comuni del cratere sismico virgiliano, è accusato di aver messo in piedi un sistema corruttivo per facilitare la concessione di contributi pubblici destinati al ripristino degli immobili. Inoltre a carico di Todaro junior figurano due nuove accuse di estorsione, con l’aggravante del 416 bis. «Ricordati che io con una telefonata ti faccio sparire tutto quello che hai, vedo che hai una bella casa, il camper»: questa la presunta minaccia da lui rivolta a un uomo dopo essersi presentato di domenica nella sua casa di Gonzaga per pretendere il versamento immediato di 500 euro. Da tale parte offesa, nonché da altri due parenti, Todaro avrebbe voluto contanti per pagare i lavori in corso da parte della società “Bondeno srls”, (recentemente colpita da interdittiva antimafia dal prefetto di Mantova) di cui era titolare, o “socio occulto”, insieme al padre. In un altro caso, nell’ambito di una pratica post sisma che il Comune di Gonzaga (tra le 12 parti civili del processo ma non ancora però costituitasi come altre 9) aveva sospeso, Todaro avrebbe preteso da un 70enne 18mila euro, sostenendo che si trattasse di lavori esclusi dal contributo pubblico e che senza l’iter non sarebbe stato sbloccato: l’uomo gli avrebbe dato 12mila euro con bonifico e altri 6mila a mano. Poi il 36enne, ventilando la perdita del contributo pubblico, gli avrebbe chiesto altri 8mila euro, ottenendo un assegno da 4mila.
Proprio tale persona offesa è risultata essere una delle sole due parti civili presenti ieri; il 70enne gongaghese con l’avvocato Claudio Terzi, (curiosamente nel 2012 e fino al 2019 sindaco di Gonzaga) e un 58enne geometra di Magnacavallo costituitosi con l’avvocato Cristian Pasolini. Proprio quest’ultimo, stando al novero delle contestazioni ascritte a Giuseppe Todaro, sarebbe stato oggetto di concussione in merito ad una pratica post sisma per un immobile a Villa Poma nonché vittima di minaccia al figlio piccolo: «Tuo figlio gioca bene a calcio, sarebbe un peccato se si facesse del male». A giorni è attesa la decisione del gup in merito i rinvii a giudizio chiesti dai Pm della Dda.