MANTOVA Si erano conosciuti solo un anno prima, ma già dopo poco tempo quel rapporto aveva iniziato a vacillare. Tanto che la donna aveva deciso di troncare quella relazione non certo nata con i migliori auspici. Ma l’ex fidanzato, non datosi per vinto, aveva iniziato a perpetrare nei suoi confronti e col beneplacito dei suoi familiari, una fitta condotta persecutoria. Con l’accusa di stalking erano così finiti alla sbarra un 30enne di Castiglione delle Stiviere e sua madre entrambi difesi in aula dall’avvocato Luca Faccin. I fatti a loro contestati risalivano ad un periodo compreso tra l’agosto 2016 e l’autunno dell’anno successivo. Vittima di questa vicenda una coetanea del ragazzo residente nel Destra Secchia. Come raccontato nel corso della precedente udienza dalla madre della giovane la figlia sarebbe stata fatta oggetto di reiterate minacce sia telefoniche che via sms. Alcuni episodi descritti poi sarebbero stati di particolare gravità. In un’occasione lo stalker aveva sistemato su una tomba la foto della ex. In un secondo caso i due imputati con l’ausilio di una terza persona si erano presentati sotto casa della vittima con fare particolarmente minaccioso. Su questi due specifici episodi era stata chiamata a testimoniare una zia della parte offesa che li aveva confermati entrambi. In altre circostanze era stata picchiata, segregata in casa e perfino minacciata di morte dall’ex con una pistola. Nel corso del processo vi era stata anche la deposizione del maresciallo dei carabinieri che aveva condotto le indagini, il quale però a domanda precisa aveva confessato di aver allacciato, già all’epoca dei fatti, una relazione affettiva con la presunta vittima, elemento questo che aveva fatto sorgere il dubbio circa l’esistenza di un possibile conflitto d’interessi. Ieri pomeriggio l’udienza fiume che ha sancito l’epilogo giudiziario di primo grado della vicenda. Il giudice Chiara Comunale, ha ritenuto responsabili dei reati a loro ascritti sia il 30enne (stalking e minacce) che la madre (stalking) e riconosciute le attenuanti generiche li ha condannati rispettivamente ad 8 e 4 mesi di reclusione, pena sospesa, a fronte di una richiesta del pubblico ministero pari a 14 e 8 mesi.
Lorenzo Neri