MANTOVA Tanto si discute in città se nel 2026 saranno Andrea Murari o Giovanni Buvoli o Adriana Nepote a succedere a Mattia Palazzi, che dai “piani alti” della politica si percepiscono ben altri orientamenti. E a materializzarsi come papabile candidato del centrosinistra spunta il nome di Bruno Tabacci, 78 anni, leader storico della Dc virgiliana, figlio politico di Cesare Baroni, e oggi grande tessitore di un progetto centrista in cui si piazzano in posizione eminente Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti, ma soprattutto Ernesto Maria Ruffini, di ascendenti virgiliani quanto il deputato quistellese.
Il progetto, da quanto si desume dalla stampa nazionale, è ambizioso: ricostruire il centrosinistra partendo dal centro, così come fece Prodi col suo Ulivo, e cercare il banco di prova proprio nelle amministrative quale modello da esportare anche nelle altre regioni delle amministrazioni regionali e nazionali. Principali interlocutori, all’occorrenza, diventano i renziani di Italia viva e i centristi del centrodestra incarnati necessariamente da Forza Italia.
Le operazioni di tessitura vanno avanti da mesi, e anche a Mantova hanno trovato un punto di forza proprio grazie a Tabacci, che non esclude di potersi spendere in prima persona quando nella primavera del 2026 la città sarà chiamata a designare il successore di Palazzi. Da voci bene informate si sa di reiterati abboccamenti fra lui e Nicola Taurozzi, amico trentennale di Tabacci in voglia di rivalsa sul Pd locale che lo ha escluso da molte partite amministrative, fra cui soprattutto quella dell’università.
I colloquî tra i due rimangono al momento riservatissimi, ma qualcosa comunque trapela dai filtri dei bene informati. In particolare, sembra certo che Tabacci stia vagliando una opzione strategica: candidarsi alle comunali di Milano, dove comunque vanta un credito personale di circa 60mila voti, oppure la natia Mantova, verso la quale è comunque debitore di una elezione alla presidenza della Regione Lombardia a fine anni ’80, e quella di parlamentare nel collegio dell’alto mantovano nel 2001.
Nel caso, si vanno a combinare finalità amministrative e alti disegni politici. Nelle aspettative di Tabacci, nemmeno tanto nascoste, c’è l’ambizione di ricomporre una consistente forza centrista in grado di catalizzare le aree moderate e cattoliche sia del centrosinistra che del centrodestra. E tale forza sarebbe poi da spendersi in tutti gli àmbiti nazionali in cui solo il centro potrebbe fare la differenza utile a far pendere i piatti della bilancia da un lato o dall’altro, indifferentemente.
Il lavorio sulle segreterie nazionali e regionali dei partiti è avviato da mesi, quasi a voler dimostrare, se mai ce ne fosse bisogno, che ben poco spazio in tal senso verrà riservato alla forza dell’improvvisazione. Tantopiù che Tabacci assicura al suo disegno il supporto di numerosi imprenditori in grado di garantire il proverbiale salto di qualità laddove le necessità amministrative ne richiedessero il supporto.
È insomma un’operazione sicuramente ingegnosa, quella che si va costruendo anche per il capoluogo, ma non temeraria e niente affatto campata in aria, benché senz’altro tale da porsi come “Opa” sul centrosinistra locale, ma pure disorientante anche per il centrodestra afflitto dagli input di rivendicazioni meloniane, a tutto svantaggio delle ambizioni di Lega e Forza Italia.