Un lungo applauso ha accolto Joel Dicker, il re della suspence, a Piazza Castello. L’autore di “Un animale selvaggio” ha ringraziato il pubblico con un bel “grazie” in italiano. «L’animale selvaggio rappresenta quello che noi siamo quando ci ascoltiamo, quando siamo connessi con noi stessi – ha spiegato il romanziere svizzero – siamo costantemente connessi con gli altri, molto meno con noi stessi. Passiamo il tempo in attesa di una conferma che arrivi dall’esterno, dai social. È un ritorno allo stato in cui prestiamo ascolto al nostro istinto, lo strumento primordiale della nostra evoluzione». Per Dicker l’istinto va seguito, sempre. L’istinto è uno strumento straordinario – ha proseguito l’autore – pensiamo alle tartarughe di mare che nascono sulla spiaggia, poi passano una ventina d’anni in mare e infine tornano a deporre le uova lì dove sono nate. Il nostro istinto può prendere due strade: rispondere a una paura, che non è mai una buona idea, oppure essere simbolo di una reticenza che invece può rappresentare la via da scegliere». Abbiamo tutti un animale selvaggio, un istinto, che vive dentro di noi. “Quando gli prestiamo attenzione siamo felici perché ci ascoltiamo”, ha spiegato Dicker, “mentre recitiamo la commedia della vita davanti agli altri. I personaggi del libro sono intrappolati tra l’immagine della perfezione e quello che sentono dentro”.
Al centro di “Un animale selvaggio”, ambientato nella Ginevra dei nostri giorni, c’è però l’amore. “Le relazioni nel corso degli anni cambiano, le persone cambiano. I personaggi del libro anelano a essere pronte ad accettare sé stesse, a essere amate, qualunque cosa accada”.
L’animale preferito di Dicker però è l’uccello migratore perché “il suo ritorno riporta alla tradizione”. Il suo obiettivo? Scrivere libri più brevi ma non con meno personaggi o colpi di scena. “Dopo dodici anni di scrittura credo di aver acquisito una sorta di fiducia nei confronti dei lettori, penso che possano cavarsela anche con un racconto”, ha ammesso lo scrittore, “l’effetto più forte, in un libro, è quello che decide chi lo legge”.
Il tempo è come una partita di tennis. “Il presente non è interessante, esiste solo perché c’è stato il passato”, ha concluso l’autore, “il futuro è più importante perché porta speranza. Il passato è come una racchetta da tennis, serve la pallina, cioè il passato, affinché una partita prenda vita”. Game, set, match Joel Dicker.