MANTOVA Alzi la mano chi non conosce la storia di Alessandro Zanardi detto Alex? Bene, appurato che non ci sono mani alzate, possiamo dire che in realtà di quella storia sappiamo davvero poco. O, perlomeno, conosciamo solo le parti più note al grande pubblico: l’incidente, la rinascita, la vittoria negli sport paralimpici, gli insegnamenti, volontari o involontari che siano, che l’atleta regala ad ogni sua performance, la motivazione. Ma c’è altro, c’è molto altro. Lo sanno bene le centinaia di persone che ieri sera, infischiandosene bellamente della pioggia e delle temperature autunnali con il loro carico di fredda umidità, hanno riempito il tendone di piazza Castello. Zanardi arriva e, prima di salire sul palco, viene avvicinato da un signore privo di una gamba, col quale si scambia una stretta di mano, uno sguardo sincero, un sorriso. C’era qualcosa di speciale in quell’immagine, un’energia particolare, un qualcosa di invisibile eppure ben tangibile che solo nel corso della serata si sarebbe potuto comprendere. Archiviata la giustamente chiassosa e meritata standing ovation mantovana, è quindi iniziato il racconto tra Zanardi e Gianluca Gasparini, giornalista della Gazzetta dello Sport e coautore assieme ad Alex di “Quel ficcanaso di Zanardi”. Un libro che scava nel profondo, che torna indietro nel tempo, giungendo fino alla provincia di Bologna; insomma, una storia di famiglia. «La mia è una storia comune – spiega l’ex pilota -, quella di un bambino normale, mediocre a scuola, scarso a calcio, che era un piccolo Gianburrasca». Ma nella normalità delle cose, spesso, si celano i retroscena più dolorosi, come la morte della sorella Cristina in un incidente d’auto. Un dramma che innesca una serie di eventi, fino alla scoperta dei go kart: lì, la vita di Zanardi cambia, si evolve, matura, complice anche il rapporto con papà Dino: «Mio padre mi diceva sempre di ascoltare e imparare da tutti, perchè chi copia prende 5, ma è un buon punto di partenza. Non c’è nulla di male a copiare, se è un punto di partenza, a patto che poi tu ci metta del tuo». Eccola quell’energia che scaturiva dall’immagine che vi ho raccontato qualche riga fa e che non riuscivo a comprendere quel momento: la passione, la passione per la vita. La storia di Alex Zanardi è una storia di passione. «Nel corso della mia vita ho avuto la fortuna di abbracciare tante sfide particolari, seguendo sempre la politica dei piccoli passi. Ogni giorno puoi fare qualcosa che ti permette di avvicinarti sempre di più alla meta perchè, ricordate, è con la passione che, giorno per giorno, si diventa una macchina da guerra». La stessa passione probabilmente palpabile durante le ore che Zanardi e Gasparini hanno passato assieme per dare vita al libro. Ore che, grazie alla passione, hanno permesso a entrambi di comprendere e insegnare qualcosa dall’altro e all’altro. In fondo, nelle vene di un bolognese e di un piacentino scorre, in un modo o nell’altro, lo stesso sangue emiliano, che come prerogativa ha, guarda caso, la passione. «L’unico posto il cui il successo arriva prima del lavoro è il dizionario inglese (success e work, ndr)» e indovinate un po’ qual è il carburante fondamentale per muovere il lavoro verso la meta del successo? Proprio lei, la passione. «Al giorno d’oggi si da molta importanza al successo, ma si ha difficoltà a mirare verso l’obbiettivo. Credo che la passione per ciò che faccio mi abbia cambiato in meglio come persona. È ognuno di noi che deve decidere ciò che conta davvero nella sua vita, ma può prendere questa decisione solo provando». Chapeau campione, come sempre!
Federico Bonati