MANTOVA Giovani e giovanissimi – ma non solo – sempre più “schiavi” dei dispositivi elettronici. E le conseguenze di troppe ore incollati a smartphone e tablet possono diventare irreparabili, anche sotto l’aspetto fisico. «Collo da sms» è il nome del disturbo provocato dall’uso smodato di questi dispositivi. Chiunque abbia a che fare con adolescenti o comunque con under 30 ne ha la prova. La consuetudine è comunicare via whatsapp, pubblicare e leggere storie su Instagram, consultare mail, frequentare Facebook. Anche gli adulti seguono l’esempio e ricorrono al digitale per svago o per lavoro. A lungo andare però le conseguenze si fanno sentire. Del problema si sta occupando Eom Italia-Escuela de Ostepatia de Madrid, che ha sede principale a Villa Vecelli a Mozzecane, filiali a Roma, Torino, Vado Ligure e Udine ed è specializzata nella formazione in osteopatia. «Promuoveremo un osservatorio sui danni provocati dall’uso smodato di tablet e smartphone, alla cui origine ci sono posture o abitudini scorrette», ha spiegato Andrea Turrina , amministratore delegato di Eom. «Servono azioni di sensibilizzazione sui giovani che rischiano di più e si rivolgono sempre più spesso ai nostri ambulatori. L’utilizzo dello smartphone per periodi prolungati implica il mantenimento di posture obbligate – aggiunge -, lo sguardo fisso verso il dispositivo, quasi sempre posizionato in basso, tra le mani, provoca una flessione del collo che può favorire l’insorgenza di dolori. In Europa il dolore al collo è uno dei sintomi più riferiti dai pazienti ed è responsabile del 15% delle consultazioni fisioterapico-osteopatiche». In Italia, la situazione non è meno grave. Gli ortopedici confermano che i problemi muscoloscheletrici tra chi è forte utilizzatore del cellulare sono in crescita. I sintomi più frequenti sono rigidità, dolore a collo e parte superiore della schiena, ma anche a braccia, mani e testa. Il disagio è moderato per il 55% delle persone, ma per il 10% è grave e per il 15% è dannoso al punto da compromettere la qualità del sonno. Eom sta raccogliendo dati. «Il ricorso continuo», ha proseguito Clizia Cazzarolli, responsabile della ricerca di Eom Italia, «alla scrittura di messaggi di testo implica un maggior numero di flessioni della testa rispetto al navigare su internet o al guardare video».
Matteo Vincenzi