MANTOVA Era stato condannato lo scorso luglio a quattro anni e due mesi di reclusione, praticamente la metà di quanto avanzato dal pubblico ministero in fase di requisitoria. Una sentenza, quella pronunciata dal tribunale di Mantova a carico di Gianfranco Zani per il reato di maltrattamenti in famiglia che ora verrà impugnata in appello. Per il 53enne di Casalmaggiore finito in manette il 22 novembre 2018 per l’incendio appiccato all’abitazione coniugale, nel quale era morto poi per asfissia il figlio di 11 anni Marco, si apriranno le porte del secondo grado di giudizio. Stando a quanto contenuto nel capo d’imputazione l’uomo era stato ritenuto responsabile di ripetuti casi di percosse, minacce e violenze perpetrate a vario titolo in ambito familiare sia ai danni della consorte che della prole.
I fatti a lui ascritti erano relativi al periodo compreso tra il luglio ed il novembre 2018. Tre giorni prima della tragedia, consumatasi a Ponteterra di Sabbioneta, era stata emessa una misura cautelare che disponeva il divieto di avvicinamento del 53enne alla moglie, Silvia Fojtikova e ai tre figli. Tra i diversi episodi a lui incriminati, e sui quali si poggiava l’ipotesi accusatoria del sostituto procuratore Carmela Sabatelli che per Zani aveva chiesto una pena complessiva di 8 anni e 6 mesi di carcere, quello da cui era poi scattato il provvedimento restrittivo e che aveva visto l’ex artigiano originario di Casalmaggiore aggredire a calci e pugni sia la moglie che due figli. In un’altra circostanza, addirittura, occorsa il 29 luglio 2018, l’uomo al culmine di uno scatto d’ira aveva scagliato all’indirizzo del figlio più grande una cassa dello stereo. Circostanze queste ricusate in toto dalla tesi difensiva proposta dall’avvocato Laura Ferraboschi, secondo la quale, al contrario, la vicenda si sarebbe limitata solamente a qualche screzio tra coniugi, mentre al contempo ai danni del proprio assistito si sarebbe realizzata una reiterata condotta provocatoria posta in essere in seno alla fase di separazione giudiziale della coppia.
Nell’ultima seduta dibattimentale erano stati escussi i restanti testimoni della difesa tra cui il figlio Alex, le cui dichiarazioni erano state ritenute dal legale dell’imputato non attendibili a causa di una sofferenza psicologica del ragazzo, dovuta al clima di particolare tensione che si respirava in famiglia. Proprio per le dichiarazioni rese in tale sede dal minore, ritenute contraddittorie e non probanti dei fatti, è stata presa la decisione di ricorrere in appello. Contestualmente alla lettura del dispositivo era stato inoltre riconosciuto in favore della parte civile anche un risarcimento del danno da determinarsi in ambito civile, oltre ad una provvisionale di 9mila euro.