Mantova Il giorno dopo in casa Pompea Mantova ci si interroga sui perché di una sconfitta che fa veramente male. Dopo la bella vittoria in trasferta con Montegranaro domenica scorsa, giovedì nel turno infrasettimanale è arrivata la sconfitta alla Grana Padano Arena con Imola. Nel momento di confermarsi, la Pompea si perde in una gara deficitaria sotto ogni punto di vista, con un passo indietro prima della trasferta in programma domani a Roseto degli Abruzzi. «La partita è stata vista da tutti – aveva detto a fine match il presidente Adriano Negri – E’ stata una delle più brutte prestazioni degli ultimi tempi. Forse abbiamo giocatori appagati dalla loro carriera e dalla loro storia e non riusciamo a fargli tirare fuori la cattiveria giusta». Anche Matteo Ferrara torna sulla sconfitta con Imola nella conferenza stampa alla vigilia della trasferta di Roseto: «Sono schietto. Questa sconfitta pesa tanto e ne stiamo parlando da dopo il fischio finale. Abbiamo già rivisto la partita, ma più sull’aspetto tecnico mi fermo a guardare l’aspetto mentale di una gara che è stata sotto gli occhi di tutti. Abbiamo commesso tanti errori di concentrazione e concesso molto agli avversari, giocando bene a sprazzi. Imola è arrivata a Mantova per vincere la prima gara del campionato e l’ha fatto facendosi valere. Avevamo preparato una gara brutta ma tosta e non siamo stati all’altezza delle aspettative in una sfida da vincere». E domani si torna subito in campo a Roseto. «Un test probante e una trasferta lunga, su un campo difficile e dopo aver perso una partita che non dovevamo perdere. Contro un avversario tosto e con tutto contro. Mi auguro che questo si trasformi nella benzina necessaria. Le motivazioni non mancano. Siamo dispiaciuti e la sconfitta brucia ma non è l’Apocalisse… Le motivazioni ci sono tutte. In noi prevale la consapevolezza di non aver fatto abbastanza e un misto di delusione e di rabbia. La sconfitta con l’Urania Milano in casa doveva servirci da lezione. Forse nel momento in cui dobbiamo vincere a tutti i costi, sentiamo la pressione più del dovuto e questo ci condiziona».
Sergio Martini