Roma Le parole del presidente della Figc Gabriele Gravina riguardo la riforma dello sport (un eloquente “Servono nuovi equilibri”) sono suonate come una speranza i dilettanti: al di là dell’aggravio di costi e di burocrazia, proprio la giusta retribuzione a chi forma gli atleti è uno dei temi più spinosi. Se però il numero uno federale si riferiva principalmente ai passaggi tra dilettanti e professionisti, non è che le cose vadano meglio tra dilettanti. E il perché è presto detto: gli attuali premi di preparazione, così come sono stati rimodulati, lasciano poco e nulla alla società formatrice. Se in passato per un singolo giocatore formato, e poi tesserato da altra società, si potevano ricavare fino a 2mila euro, ora si passa a poche centinaia. Mal comune mezzo gaudio, si dirà, visto che le regole attuali varranno per tutti. Tuttavia è innegabile che in questo modo si renda possibile lo spostamento di interi blocchi di squadre (particolarmente ricercati quest’anno i 2006), riconoscendo solo 150 o 250 euro, per un anno, a giocatore. Vero altresì che si tratta di un indennizzo corrisposto annualmente (fino a 5 anni) alla formatrice dalla società per la quale l’atleta firma, ma il rischio di “perdere le tracce” del giocatore dopo una stagione o due (senza quindi riuscire a chiedere il dovuto nei passaggi successivi) è tutt’altro che improbabile. Questo a discapito delle società che in questi anni hanno lavorato meglio sui vivai: all’orizzonte sta nascendo un mercato “parallelo” sicuramente poco rispettoso degli sforzi di ognuno. Sacrosanta – beninteso – la libertà dei giocatori di muoversi dove desiderano, tuttavia è altamente probabile che, se nulla cambierà, la tendenza possa portare un aumento sensibile delle quote dell’attività di base, anche del 25-30%. Insomma: Gravina e Abete sono attesi da un grande lavoro, gli indennizzi per i passaggi tra dilettanti e “pro” sono solo la punta dell’iceberg.