MANTOVA «Ho sempre detto che volevo riportare il Mantova dove l’avevo lasciato. Manca ancora il timbro della Figc, però dai… è fatta». Gianluca Garzon ha mantenuto la parola. Nel 2017, da vice di Ciccio Graziani, salvò il Mantova in C, ma il successivo fallimento vanificò tutto. Tre anni dopo, stavolta nel ruolo di primo allenatore ereditato da Brando a fine gennaio, può finalmente festeggiare “quella” C ritrovata.
Mister, al di là di tutto quello che è successo, è una bella soddisfazione…
«Assolutamente. Una soddisfazione meritata, perchè ottenuta dopo tanti sacrifici e con il massimo impegno di tutti».
Che annata è stata?
«A livello di squadra abbiamo condotto una cavalcata esaltante. Ma anche a livello personale è stata una stagione positiva, che mi ha fatto crescere sotto l’aspetto professionale ed umano».
Com’è cambiata la sua stagione dall’esonero di Brando in poi?
«Prima ero al 100% a disposizione di Brando, come il resto dello staff. Poi la società ha compiuto delle scelte e ci ha affidato il timone della nave. Siamo orgogliosi di averla condotta in porto».
Quanto dispiace non poter festeggiare come si deve?
«Moltissimo. Anche perchè ci tengo a rimarcare che questa non è una promozione ottenuta a tavolino, ma sul campo. Attraverso una serie di grandi risultati fin dalle prime partite in Tim Cup. E quindi merita tutti i brindisi del caso. Che conto di fare non appena potrò venire a Mantova».
Il Covid vi ha fermati dopo l’unica sconfitta in campionato: un peccato non averla potuta riscattare, no?
«Un peccato relativo. L’analisi, dati alla mano, ci ha dimostrato quanto quella sconfitta in Franciacorta fosse il frutto di episodi sfortunati e non di una cattiva prestazione. Per questo l’ho dimenticata».
Ci isola tre momenti significativi della sua stagione?
«Comincerei dal giorno in cui sono tornato a Mantova, dopo la precedente esperienza del 2017. Una bella emozione».
Il secondo?
«La telefonata della dirigenza, quando mi comunicarono l’intenzione di affidare la squadra a me e a Cuffa. Ci speravo, non lo nego. Ma dire che me l’aspettassi è troppo».
E il terzo momento più bello?
«La vittoria col Forlì, l’unica del nuovo corso. Venivamo da un pareggio sofferto a Sasso Marconi e c’era un sacco di pressione su di noi. Quel successo fu la dimostrazione che il gruppo era forte, coeso».
Resterà a Mantova anche il prossimo anno?
«Come ho già detto in altre occasioni, qui mi trovo benissimo e ormai sono diventato il primo tifoso del Mantova. Rimanere sarebbe un sogno. Come allenare il Real Madrid».
Chiudiamo con i ringraziamenti di rito?
«Volentieri. Ai giocatori, che hanno dato l’anima rivelandosi professionisti seri e intelligenti. Alla società, che ha dimostrato ampiamente di essere da Serie C. Allo staff tecnico che ha lavorato con me: più che un gruppo, direi una famiglia. A chi sta dietro le quinte (magazziniere, addetti al campo, segretarie), il cui lavoro è stato fondamentale. Infine i nostri splendidi tifosi, che sono stati sempre al nostro fianco, vero e proprio 12esimo uomo in campo. Questa stagione meritava un finale diverso, peccato. Almeno godiamoci il risultato».