MANTOVA Un socialista storico e un amministratore di primo piano. Non solo: Franco Bonaffini, scomparso ieri a 77 anni, per giudizio unanime dei suoi amici ma anche dei suoi avversari, si è rivelata una personalità chiave della vita politica degli ultimi quarant’anni della città.
Di famiglia e tradizione socialista, Bonaffini aveva all’attivo solo un diploma di geometra che gli valse un impiego in Provincia. E tuttavia da quella postazione istituzionale, ma prima e meglio dal suo carattere e dalla sua capacità di coesione personale, Bonaffini riuscì a realizzare attorno a sé una compagine di fidelizzazione che si sarebbe rivelata decisiva anche in alcune circostanze elettorali amministrative del capoluogo, grazie anche al supporto del fratello Giorgio che aveva avuto un ruolo decisivo nella stesura del piano regolatore di Mantova.
Il suo punto di forza, in ogni caso, rimaneva il partito, che lo riconosceva scevarolliano irriducibile, ovvero sostenitore del senatore Gino Scevarolli, già vice presidente del Senato, craxiano di ferro, e pertanto araldo della corrente autonomista del Psi. Un autonomismo che Bonaffini interpretò spesso in senso esteso, venendo da molti considerato come una “scheggia impazzita”. E lo fu nel 1985, quando contribuì, nella nota “notte dei lunghi coltelli”, a emarginare l’area forte di Gianni Usvardi per sostenere l’elezione a sindaco di Vladimiro Bertazzoni. Pure lo fu nel 1995, quando si oppose alla candidatura di Chiara Pinfari, sostenuta dal nascente Ulivo prodiano, addirittura aderendo al cartello degli esposti giudiziari che portarono alla defenestrazione del sindaco per pregiudiziale di ineleggibilità.
Non da meno, l’anno successivo, Bonaffini ruppe col suo stesso partito sostenendo la candidatura di Gianfranco Burchiellaro alla carica di sindaco, formando così la prima vera lista civica della città che accorpava una corrente socialista e una branca del Patto Segni capeggiata da Giorgio Saggiani, oltre che una frazione popolare rappresentata da Rino Rosano.
Insomma, era la sua una politica “à l’hasard”, all’arrembaggio, ma mai vista nella prospettiva di vantaggi personali. Troppo anzi avevano pesato nel suo vissuto le sventure subite dal fratello, arrestato alla vigilia di Natale del ’92, dietro l’accusa di avere inquinato le procedure di un concorso pubblico per un posto dirigenziale in Comune. Si potrebbe anzi dire che la sua condotta politica sarebbe andata proprio nella direzione opposta di sconfessare ogni politica clientelare. Divenuto nel 1996 assessore alla vigilanza, in molti lo ricordano semmai come colui che pagava di tasca propria le multe degli amici, pur di non volerle stralciare dai blocchetti della vigilanza.
La sua storia più recente, dopo l’incarico assessorile, lo ha visto ricoprire la carica presidenziale dell’Aster, che mantenne sino all’avvento in Comune di Fiorenza Brioni, alla cui elezione si era opposto, al punto da sostenere attivamente il nuovo sindaco Mattia Palazzi. Bonaffini credeva molto infatti nel ruolo strategico della viabilità cittadina come volano per una nuova formulazione urbanistica. E anche per questo rifiutò molte offerte di altri ruoli amministrativi, pur di mantenere fede al suo impegno verso le strade, tanto da essere confermato nel ruolo persino dal governo di centrodestra di Nicola Sodano.
Il suo riscatto politico comunque era arrivato con l’elezione a sindaco di Burchiellaro, che oggi lo ricorda con umano trasporto: «Con Franco muore una parte bella della città, e anche la migliore tradizione socialista mantovana. Franco è stato tutto questo e ha determinato pagine decisive della storia cittadina, sino a me e a Mattia Palazzi. Sono molto dispiaciuto della sua scomparsa. È una parte della mia vita che se ne va», conclude l’ex sidaco.