Facciamo subito una precisazione: parliamo di angoli, non di agnoli. No, perché qui basta spostare due lettere e si passa dall’architettura alla gastronomia, che a volte ci sta pure. E comunque gli angoli degli agnoli potrebbero essere una bella idea. Di prelibati piatti di strada. Andiamo avanti.
Immagino un turista o un mantovano che entra in città e sta attento alla sorpresa degli angoli. Io faccio così quando giro. Mi guardo attorno, cerco un angolo e provo lo stupore di scoprire cosa c’è dietro quell’angolo. Ad esempio, a Roma dalle parti di Borgo, dove bazzico da più di un anno per lavoro, è facile e comodo trovare un “cantone di borgo”, sormontato magari da una insegna od un’immagine sacra, e ti prepari a scoprire cosa puoi vedere prima della svolta, dietro l’angolo: ad esempio l’orizzonte delle mura Vaticane o dall’altra parte Castel Sant’Angelo. Sento il commento: “Ti piace vincere facile”. Ma si può fare in molte città. A Mantova, pensando ai tanti visitatori di questi giorni per il Festival della Letteratura, immagino quello che hanno avuto la ventura e la fortuna di entrare in città da Piazza Arche e, dopo l’angolo del parcheggio sul Lungolago, sentirsi ammessi nel centro storico guardando e avendo davanti muri e mura, torri e pietre di via Accademia e di via Tazzoli. Un bel tuffo.
Due “maestri” di visione e di comunicazione mi hanno dato l’idea di guardare lo stesso mondo, le stesse strade, gli stessi angoli che vediamo tutti i giorni con occhi diversi che vuol dire sempre curiosi e sempre nuovi. Maurizio Costanzo che diceva che guardiamo sempre troppo in basso o ad altezza mento, invece bisognerebbe alzare questi occhi e guardare in alto e così vedi cose che non immaginavi nemmeno. E poi Andrea Emiliani, storico dell’arte e grande conoscitore di architetture antiche e moderne che ha studiato a lungo pezzi di città e che una sera a Bologna dopo una cerimonia in centro mi illuminò con una proposta: guarda un angolo, guarda questo angolo tra via dell’Indipendenza e via Ugo Bassi Indipendenza immaginando le sue trasformazioni ti passa davanti tutta la storia della zona. Accipicchia, mica poco. Quando avevo lezioni in Santa Cristina a Bologna mi prendevo qualche minuto per provare gli scorci dietro gli angoli di Strada Maggiore con le varie vie e i vari vicoli annessi e connessi. A Bologna puoi farlo anche con le colonne dei portici. Anche a Mantova in corso Umberto e in piazza delle Erbe, mica poco in fatto di cantoni a sorpresa e prospettive storiche e artistiche di grande interesse. Arrivo ad uno degli angoli storici dei miei anni mantovani giovanili: quello tra via Accademia e via Pomponazzo, quante volte davanti all’ingresso del teatro del Bibiena ad aspettare ministri e industriali, artisti e protagonisti della vita pubblica nazionale di passaggio a Mantova, quanti convegni e quanti spettacoli, quante corse alle dichiarazioni e alle interviste, un angolo che sembra un salotto, dove traffico permettendo ti puoi persino permettere di fare un po’ di salotto.
Proseguendo per via Accademia arrivi agli angoli degli angoli storici mantovani, quelli che più in centro non si può, e cioè i cantoni del voltone che portano a piazza Sordello, l’uno verso via Cavour e l’altro verso via Accademia e dopo l’hotel verso la stessa Piazza Sordello e prosegue via Tazzoli. Qui ti puoi sbizzarrire a guardare cosa c’è dietro l’angolo, stando attenti a non farsi investire data la frequente alta concentrazione turistica. Immagino il visitatore che arriva da via Cavour e all’altezza della Galleria Mossini si ferma un attimo e poi, un po’ come a giocare a nascondino, allunga la testa dietro l’angolo e vede quella raccolta di vita e di bellezza che in uno sguardo solo raccoglie il Duomo, la faccia del Ducale, tutta piazza Sordello e, appena ti sporgi, pure le facciate di Palazzo Bonacolsi e dell’Episcopio. Tutta la dorsale cittadina dalle piazze Broletto, Erbe, Marconi, a corso Umberto si prestano ai giochi degli sguardi ai quattro cantoni, tra i quali consiglio una fermata con sguardo verso Sant’Andrea dall’angolo tra via Goito e Piazza Marconi. Provare per credere.
Uno degli angoli storici della mantovanità giovanile era quello del Sociale. Perché quando ci si diceva “ci vediamo al Sociale” non era proprio davanti al Teatro, sotto il colonnato guardando corso Pradella, cioè Vittorio Emanuele, ma proprio al cantone del caffè, l’angolo tra piazza Cavallotti e corso Umberto da dove puoi vedere e dominare mezza città: quelli che vengono da corso Libertà, quelli che vengono da via Roma, quelli che scendono da corso Umberto e quelli che stazionano di fronte davanti alla banca, quelli che corrono a prendere il bus, quelli che cercano un regalo in vetrina. Era uno dei posti preferiti da Renzo Dall’Ara, in sella alla bicicletta americana con fascio di libri e giornali, a parlottare intensamente con il prof. Rodolfo Signorini, sai di quei quadretti di vita che ti sembrano normali e routinari quando li vivi e poi ti diventano storia quando sono coperti dagli anni.
Gli altri angoli di Mantova centrale che mi hanno sempre affascinato non sono proprio angoli perché sono delle curve e sono i palazzi che si affacciano su Piazza dei Martiri lato Matteotti verso le Pescherie, palazzi sede di organismi pubblici e associazioni economiche. La loro angolarità curva o la loro curvezza angolare non si presta ad un’occhiata veloce dietro l’angolo, proprio per la specifica forma, e lì dietro l’angolo, dopo lo stipite del portone, c’è l’atrio. Cose che capitano.
Altro incrocio d’angoli che consiglio vivamente di sperimentare è quello tra via Chiassi e via Poma: potrebbero scaturire belle sensazioni a riguardo di facciate e balconi, finestre e portoni. E andando verso Palazzo Te da piazza Martiri percorrendo via Principe Amedeo potrete divertirvi a scrutare il dietro l’angolo a destra e a manca aguzzando lo sguardo e profilando i palazzi da una parte all’altra fino ad arrivare alla Casa del Mantegna e lì tra San Sebastiano e via delle Rimembranze a cominciare da Casa Nuvolari ci si può di nuovo sbizzarrire. Angoli di Mantova scoprendo un bel gioco ai quattro cantoni. Sorprese di sguardi, anche se ci passi da anni.