MANTOVA – Entrare al centro commerciale il giorno prima del lockdown per la zona rossa equivale a rivivere i momenti di marzo e di aprile di quest’anno, quando si andava al super per fare scorta di generi alimentari e prodotti per la disinfezione. Scaffali vuoti, cestoni con due o tre prodotti rimasti, file interminabili alle casse e comunque tanta paura e circospezione diffuse alla vigilia di quella che è una chiusura quasi totale come quella della passata primavera. Così la popolazione viene presa da quell’istinto di sopravvivenza che ti fa pensare che domani non ci possa essere abbastanza cibo per tutti. E allora via, all’acquisto dell’ultimo momento, come se domani le serrande fossero abbassate per sempre, anche per i generi alimentari. «Hanno sbagliato i calcoli: hanno contato l’indice di crescita della pandemia dall’8 al 23 ottobre e ci hanno detto che il calcolo attuale era corretto mentre poi si è saputo che non avevano potuto perfezionare la stima reale perché l’algoritmo non funzionava» strepita un signore che dice di essere venuto da un paese vicino perché da domani non ci si può nemmeno spostare da comune a comune. Si percepisce chiaramente una frenesia non del tutto motivata nell’atto dell’acquisto. Non si ha nemmeno il piacere di scegliere i prodotti che si comprano, tanta è la foga e la compulsione nel far la spesa, e il desiderio di far presto ritorno a casa, prima del coprifuoco che parte dalle ore 22. E’ da qualche settimana che emotivamente la gente si prepara alla chiusura: c’è più scetticismo, frettolosità e quel poco di gentilezza rimasta, in piccoli gesti di cortesia, svanite. Ad una signora anziana cade una busta e nessuno si azzarda a raccoglierla, sia mai che possa contagiarsi. C’è chi ha ricominciato a mettersi i guanti, oltre alla mascherina Ffp2, perché evidentemente quella chirurgica non è più abbastanza sicura. «Per favore, si aggiusti la mascherina sul naso, altrimenti i vigilanti la fermano» chiede una commessa ad una signora che sta uscendo dalla lavanderia con la figlia, e questa, di rimando «fatico a respirare, mi creda, non è per cattiveria che la porto così. Siamo messi peggio che in tempo di guerra!». I negozi sono ancora aperti ma non c’è già più nessun cliente dentro. Sono solo gli alimentari ad aver ingenerato la coda e ad esser stati presi d’assalto. All’uscita della galleria una coppia di anziani spinge un pesante carrello, colmo di prodotti e di casse d’acqua. «Non avremmo mai immaginato di dover vivere un’esperienza come questa, non solo per noi ma anche soprattutto per i nostri nipoti. Quando finirà la pandemia ci saranno ripercussioni economiche tali che renderanno le loro vite difficili; dobbiamo farci forza per noi e per loro».