Colpita dal cavallo, guarita dopo sei mesi di calvario

MANTOVA Era stata dichiarata fuori pericolo una ventina di giorni dopo essere stata colpita al volto da un cavallo imbizzarrito; ma per tronare alla normalità ci sono voluti quasi sei mesi e una due delicati interventi chirurgici. Un calvario iniziato lo scorso 30 novembre in una corte privata di via Guerra, quando una 12enne era stata colpita alla testa dallo zoccolo di un cavallo che si era messo a scalciare. La ragazzina veniva trasferita all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in condizioni disperate. Il calcio le aveva praticamente cancellato metà volto, causato dei danni neurologici, un ematoma, e aveva perso la vista all’occhio destro. Ci sono voluti due delicatissimi interventi effettuati con una doppia équipe, neurochirurgica e maxillofacciale, più una lunga riabilitazione perché la giovane tornasse alla sua vita normale. I medici dell’ospedale bergamasco prima hanno risolto l’emergenza e poi ricostruito il volto della 12enne. Come ha spiegato Claudio Bernucci, direttore della Neurochirurgia del Papa Giovanni, «a causa del colpo, zigomo e area orbitaria non esistevano più. Con il primo intervento sono stati estratti tutti i frammenti ossei dalla materia cerebrale e sono stati riparati i danni neurologici». Quindi per riparare l’area orbitarie-frontale, ha spiegato Antonino Cassisi, direttore della Chirurgia maxillofacciale, «è stata usata una tecnica di rarissimo utilizzo, ma che si è presentata come l’unica strada possibile vista l’età della bambina». I medici procedevano con una cranioplastica su cui hanno lavorato due équipe. Dalla scatola cranica è stato prelevato un osso sezionandolo longitudinalmente lungo lo spessore. Da una parte ossea se ne sono ottenute due identiche. Una è stata rimessa nella scatola cranica, l’altra è stata usata per ricostruire la cavità orbitaria, lo zigomo e la parete frontale e occipitale. Per saldare l’osso innestato sul volto sono state usate delle speciali placche e viti riassorbibili, tecnica che permette di fissare in modo definitivo le ossa e che in due anni si riassorbono senza lasciare traccia. L’unico segno di questo calvario sono gli occhiali che la 12enne ora è costretta a portare, mentre i suoi familiari continuano a ringraziare medici, infermieri e psicologi che hanno aiutato la loro figlia.