Mantova Hub da rifare? Anche l’ex ceramica è nel luogo sacro

MANTOVA Chi ha sbagliato clamorosamente tutto nella tormentata vicenda di Mantova Hub, sollevata dai collegi rabbinici internazionali, sembrerebbe essere stata proprio l’istituzione di tutela per antonomasia, ossia il segretariato regionale del Mibact, alias Sovrintendenza. Proprio dalle imposizioni della direttrice regionale  Caterina Bon Valsassina partirebbero infatti certi vincoli che hanno di fatto imposto al Comune la conservazione e relativi interventi su edifici che in quell’area non avrebbero mai dovuto sorgere. Parliamo dei capannoni militari edificati in periodo bellico (circa 1943), ma addirittura anche una porzione dell’ex ceramica, edificata a fine ’800, che nei piano del Mantova Hub dovrebbe diventare una scuola. Il tutto rientra infatti nella perimetrazione dell’antico cimitero ebraico.
Ad avvalorare questa ricostruzione storica e burocratica interviene l’ex assessore all’edilizia della precedente giunta, l’ingegnere  Celestino Dall’Oglio, che ha guardato le stesse carte girate già da alcuni sui tavoli di via Roma, quando il Comune si mosse per richiedere al demanio statale l’area di San Nicolò.
«Una cosa è certa – spiega Dall’Oglio –: la direzione regionale del Mibact ha imposto a Mantova Hub di tutelare e conservare costruzioni “abusive” sorte sul prato sacro del cimitero ebraico. Mi riferisco a 4 dei 5 capannoni militari (uno, guardando le mappe teresiane, ne rimane fuori), ma anche a una fettina di ex ceramica».
E la ex polveriera austriaca no? No. A detta di Dall’Oglio, «la sua costruzione risulta antecedente all’atto di vendita dell’ex cimitero ebraico, da parte della comunità israelitica virgiliana al Regno lombardo-veneto, per 7.500 lire, con rogito trascritto dal notaio Antonio Quintavalle di Marcaria il 3 agosto 1852. Quindi, le due polveriere, una delle quali ricompresa nel sedime del cimitero, a rigor di logica, sono in regola».
In sintesi, Mantova Hub sarebbe da rifare? Sul punto Dall’Oglio guarda avanti: «Non sono in grado di emettere giudizi. Di certo, credo che quantomeno gli ex capannoni militari possano essere abbattuti. Tantopiù che catastalmente risultano classificati come “E22”, ossia “cose monumentali”, addirittura più di Palazzo del Podestà, già classificato “1D”, corrispondente a “E21”. Secondo me, visto che via Roma non ha nemmeno i soldi per portare a compimento il progetto, farebbero bene ad abbattere quelle costruzioni inequivocabilmente abusive. I rabbini, carte alla mano, hanno assolutamente ragione».