MANTOVA Esattamente due anni fa come oggi, era la mattina del 17 gennaio 2018, il 57enne di Roverbella Sandro Tallarico veniva freddato con quattro colpi di pistola, esplosi a bruciapelo, mentre a piedi si apprestava a percorrere la ciclopedonale del ponte di San Giorgio. Per quel delitto, lo scorso aprile, era stato condannato con rito abbreviato a quindici anni di reclusione l’unico indagato, Brunetto Muratori, ex orafo 72enne reo confesso nonchè vecchia conoscenza della vittima. I militari del Nucleo Investigativo di Mantova erano risaliti a lui dopo circa un mese e mezzo d’indagini serrate, ricostruendo i movimenti della vittima e dell’assassino incrociando le riprese delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona della scena criminis. Il fermo, quale indiziato di delitto, era arrivato alla vigilia di Pasqua, il 31 marzo 2018. Nell’immediatezza dell’esecuzione di tale misura restrittiva e fino alla confessione shock effettuata davanti al gup nel novembre di quell’anno, Muratori aveva sempre negato ogni sorta di responsabilità, asserendo di non aver mai incrociato, quel giorno, l’ex amico di militanza politica lungo il rettilineo che da Sparafucile conduce al centro cittadino virgiliano, decidendo infine di ammettere l’omicidio per legittima difesa. Ora, proprio in concomitanza col secondo anniversario di quel tragico evento, è stata stabilita la data dell’avvio del processo d’appello, dopo la doppia impugnazione presentata sia dai difensori dell’imputato, gli avvocati Sergio Genovesi e Gaetano Alaia, che dalla Procura Generale di Brescia. La prima udienza davanti alla Corte d’Assise d’Appello – è notizia di ieri – è stata dunque fissata per il prossimo 7 febbraio. Una decisione quella di fare ricorso avverso la sentenza di primo primo grado, già paventata dai legali di Muratori, in attesa delle motivazioni del dispositivo, all’esito della condanna comminata in camera di consiglio dal giudice per l’udienza preliminare Gilberto Casari. In tale seduta la pubblica accusa, rappresentata nella fattispecie dal sostituto procuratore Paola Reggiani, aveva invece chiesto a carico dell’imputato 25 anni di reclusione mentre alle due parti civili, la vedova e la figlia della vittima, era stata riconosciuta una provvisionale di 100mila euro ciascuna rinviando in sede civile per determinare il risarcimento complessivo. Per la difesa invece il capo d’imputazione andava riqualificato da omicidio volontario a legittima difesa putativa. Il gup, escludendo l’aggravante dei futili motivi e la recidiva, aveva di fatto accolto le istanze difensive, riservandosi altresì circa la richiesta di arresti domiciliari poi infine negati. Stando al dispositivo era dunque emerso che una parte consistente di riduzione della pena, su quanto avanzato dal Pm, era arrivata dal riconoscimento delle attenuanti generiche mentre in corso di processo non era dunque emerso un movente preciso.