Mantova Urla, insulti e minacce ma mai violenze fisiche ne tanto meno, concluso il capitolo matrimoniale, tentativi molesti o persecutori da parte sua nei miei confronti. Certo, la situazione coniugale con lui era comunque divenuta a un certo punto insostenibile, dando luogo così all’inevitabile rottura di coppia. Solo una volta venuta a conoscenza del delitto di cui si era appena macchiato però, mi sono resa conto di essere una miracolata, perché dalla parte della vittima avrei potuto benissimo esserci io.
Questo, in estrema sintesi, quanto riferito ieri in aula dalla ex moglie di Lorenzo Prandi, il 53enne di Ostiglia, già condannato in via definitiva a 24 anni di reclusione per l’omicidio volontario del padre, e ora di nuovo chiamato a difendersi sul banco degli imputati dalle ipotesi di maltrattamenti e violazione degli obblighi di assistenza familiare. Una vicenda, segnatamente afferente un periodo anteriore al fatto di sangue del 14 luglio 2021 e scaturita dalla denuncia presentata dall’ex coniuge del parricida – costituitasi parte civile con l’avvocato Giorgio Ughetti – giusto l’indomani la morte del suocero Mario Prandi, ucciso dal figlio a coltellate al culmine di un litigio scaturito tra i due per il volume della televisione, ritenuto dall’assassino troppo alto.
Stando infatti a questo secondo, ulteriore, capo d’accusa, Prandi, nel corso degli anni e dopo la separazione nel 2016 e il divorzio nel 2019 dalla coniuge, complice anche il licenziamento e il ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza, avrebbe mancato più volte di adempiere agli obblighi circa il mantenimento delle due figlie, all’epoca ancora minorenni e parte offese unitamente alla madre nonché, per questo, prendendo altresì a rendersi responsabile di atteggiamenti, ritenuti dagli inquirenti vessatori e minatori. Questo dopo la riqualificazione di tale seconda precipua fattispecie di reato da quella in origine contestatagli di stalking. Paventati atti persecutori negati infatti pure dalla stessa parte lesa, escussa come teste innanzi al collegio dei giudici presieduto da Gilberto Casari. «Le sbarre a porte e finestre – ha riferito la donna rispondendo a precisa domanda del difensore dell’ex marito – le avevo messe solo per difendermi da possibili intrusioni dei ladri, non perché temessi un suo tentativo d’ingresso in casa mia» Per poi aggiungere, «Sì, stante la depressione di cui soffriva e gli psicofarmaci che assumeva, perdeva anche il controllo, mi ricordo che una volta preso dall’ira aveva aveva spintonato le nostre due figlie». Dopo lo sconto di pena riconosciutogli in secondo grado, rispetto al carcere a vita comminatogli dalla Corte d’Assise di Mantova, Lorenzo Prandi era stato quindi trasferito dalla casa circondariale di via Poma al carcere milanese di Opera, dove si trova tuttora ristretto. Prossima udienza il 12 giugno.